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La maggioranza di Palazzo Cernezzi si è dissolta

La segreteria cittadina Pd esce spaccata dalla riunione con il gruppo consiliareCinque consiglieri comunali di maggioranza. Forse sei. E un progetto politico ormai delineato. La miscela esplosiva che sta per deflagrare nel centrosinistra comasco è di quelle ad alto potenziale distruttivo.Pochi se ne sono accorti. Ma la giunta di Mario Lucini non ha più una maggioranza. E dovrà, da oggi in poi, navigare a vista. Prestando molta attenzione e cura a ogni passaggio difficile.Partiamo innanzitutto dai dissidenti. Sono: Eva Cariboni (Amo la mia Città), Luigino Nessie Vincenzo Sapere (Paco-Sel), Guido Rovi e Raffaele Grieco (Partito Democratico).

A loro si potrebbe aggiungere Italo Nessi (Como civica), da tempo su posizioni critiche verso il governo del capoluogo. I dissidenti sono i primi sottoscrittori di un lungo documento firmato da alcuni storici esponenti della sinistra alternativa, ma anche dai dirigenti del Partito Socialista e persino da un componente della segreteria cittadina del Pd. Un’alleanza a dir poco spuria, idealmente guidata dall’assessore Bruno Magatti e condotta per mano – al momento – da Gisella Introzzi, candidata alle primarie nel 2012, quindi assessore di Lucini e ora voce criticissima della coalizione al governo della città.

Il documento, circolato nei giorni scorsi via mail tra un centinaio di persone, è un autentico “classico” della politica di sinistra. Attacca senza attaccare, critica senza criticare, formula ipotesi e disegna scenari. Sempre in nome di una svolta che abbia al centro la crescita morale e civile dei comaschi e la salvaguardia di valori condivisi: partecipazione, ambiente e così via.Ottime intenzioni, in verità. Che si scontrano con la realtà politica, fondata sulla necessaria mediazione che inevitabilmente sta alla base di ogni alleanza.Mercoledì sera il documento è stato “presentato” alla segreteria cittadina del Pd, riunita congiuntamente ai consiglieri comunali. E qui è emersa la prima questione (seria) che il centrosinistra si troverà ad affrontare.Almeno due componenti della segreteria cittadina – Patrizia Signorotto e Angelo Vavassori – si sono schierati con i dissidenti. In pratica, il gruppo trasversale più a sinistra della coalizione ha infilato un cuneo nell’ingranaggio del principale motore della coalizione: il Pd.Se il partito di maggioranza relativa si spacca, la giunta di Lucini si fa decisamente più debole. Se a mettersi di traverso non sono più soltanto due consiglieri comunali ma anche un pezzo della società civile che sostiene il progetto del centrosinistra, questo stesso progetto non ha più futuro.Il segretario cittadino del Partito Democratico, Stefano Fanetti, si dice convinto che nessuno dei consiglieri firmatari del documento «vorrà far saltare il banco». È possibile. Ma in realtà il punto è un altro. E cioè, dove può portare la lunga guerra di logoramento che cinque (o sei) consiglieri comunali sono in grado di mettere in atto.È buona regola, quando si governa (così come quando si guerreggia), non avere quinte colonne. Non c’è niente di peggio del “nemico” seduto allo stesso tavolo.Ogni decisione diventa una sofferenza. Ogni inciampo rischia di trasformarsi in capitombolo. La sinistra comasca ha scelto, a quanto pare chiaramente e alla luce del sole, una strada alternativa. In tutto questo pesano le decisioni locali – su tutte, Libeskind, Trevitex e Ticosa – ma anche la lotta intestina che sta tagliando in due il Pd a livello nazionale. Domani ad Albate la maggioranza si riunisce a porte chiuse. La resa dei conti è solo all’inizio.

Da. C.

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