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LA PROSSIMA VOLTA DIAMO TUTTO ALL’ESTERNO

diMARIO GUIDOTTI

A Como non siamo capaciÈ disarmante. È da non credere che dopo gli anni impiegati per allestire il sito, la viabilità, le infrastrutture e le costruzioni si debba nuovamente interrompere la strada che collega il Sant’Anna a San Fermo fino a luglio. Si tratta dell’ennesima prova che nel nostro territorio non sappiamo coordinarci, siamo letteralmente negati nella capacità di fare squadra, unica via possibile per stendere e realizzare progetti di ampio respiro, a XXI secolo inoltrato. Ma capita così a tutti o noi siamo

speciali? Abbiamo una sorta di esclusiva e rarissima capacità di procedere scomposti e scoordinati? Insomma, è un fatto di Dna del territorio comasco o siamo invece abilissimi a scegliere amministratori pasticcioni che avanzano in ordine sparso?Sento già chi dice: “Ma non dimentichiamo il bicchiere mezzo pieno, abbiamo ricevuto un ospedale di eccellenza, ci può essere qualche sbavatura”. Non lo accettiamo. A parte il fatto che avere un ospedale di avanguardia senza strade è come assemblare il motore di una Ferrari su una Panda, possiamo accogliere imperfezioni, ritardi ed altre magagne, ma non la disorganizzazione metodologica.La riqualificazione dell’asse via Ravona-via Imbonati era nell’accordo di programma, quindi ampiamente pianificata e programmata sette anni fa. Badate bene, non è una trovata dell’ultima ora dell’ormai mitico sovrano di San Fermo; non è un’ideona squadernata lo scorso weekend per favorire ancora i fortunati residenti di quei terreni toccati dalla dea bendata. E allora, non la si poteva mettere in opera a cantiere aperto? Ma come si fa a costruire prima l’ospedale e poi sistemare una delle due strade di accesso? Sembra una barzelletta.A completare la beffa c’è poi la solita partita a ping-pong delle responsabilità, tra l’amministrazione provinciale ed il Comune di San Fermo. Tra chi ha ritardato l’acquisizione dei terreni e chi ha allungato i tempi dell’appalto fino a, udite udite, due mesi dopo l’apertura dell’ospedale.Facciamo una proposta, un auspicio, anzi un fioretto: in caso di nuova grande opera affidiamo tutto a una struttura esterna, per decine e centinaia di chilometri quadrati. Lontani da chiunque governi o amministri le nostre terre.Se la raccontiamo in giro, la notizia passa magari anche inosservata. Che so, a Milano, a Varese penseranno che al maggiore ospedale di Como ci siano cinque, sei, dieci direttive d’accesso. Come tutti sappiamo sono invece solo due, di cui una, verso la Varesina, regolarmente trafficatissima. Dopo le note vicende del parcheggio (per tutti gratis, anzi per nessuno, no, solo per i sudditi di Mascetti, forse però anche per i malati gravi), poteva esserci episodio più increscioso e odioso del blocco per 6-7 mesi del 50% di viabilità?E sconcerta ancor di più il fatto che non siamo in presenza di situazioni occasionali; queste maleorganizzazioni si stratificano una sull’altra come ere geologiche ma con la velocità di uno tsunami asiatico: l’area Ticosa, il lungolago, gli asfalti, il caos quotidiano della zona via Dante-Valduce, il Borgovico, i passaggi a livello.Ma i comaschi sopportano, si pensa. Sopporteranno fino a quando? Non sarà che sotto tutti questi strati di inefficienze sedimentate scorra una dose di indignazione che come un fiume carsico prima o poi arriverà in superficie fino a esplodere in rabbia?

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