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La rapina in A9: si indaga per tentato omicidio

La contestazione per il momento è rivolta solo ai due arrestati. Si lavora per capire i ruoli degli altri 16 indagatiI colpi di kalashnikov non furono letali grazie ai vetri blindati che resistettero

Secondo la Procura di Como (pubblico ministero Antonio Nalesso) che ha chiesto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, la mattina dell’assalto al portavalori lungo l’autostrada A9, i rapinatori spararono sapendo che i furgoni della Battistolli avevano i vetri blindati, ma anche assumendosi il rischio eventuale di poter uccidere qualcuno. Colpi esplosi al vetro del blindato e con armi come i kalashnikov, che non causarono vittime solo per il fatto che i vetri appunto (per fortuna) riuscirono

a reggere all’urto. In base a queste considerazioni, ai due arrestati è stato contestato anche il tentato omicidio dei sei uomini della Battistolli che quel giorno accompagnavano il carico di oro e contanti da 15 milioni di euro.Di tutto questo bottino, 10 milioni in oro rimasero nelle mani degli assaltatori che fuggirono da Turate senza accorgersi che gli altri 5 milioni erano rimasti sul secondo mezzo. È questo lo sviluppo dell’inchiesta a cui da mesi sta lavorando la squadra mobile di Como. La contestazione di tentato omicidio riguarderebbe per il momento solo i due arrestati, ovvero il 50enne di Cologno Monzese e il 42enne di Andria, mentre la posizione degli altri 16 indagati deve essere ancora vagliata attribuendo ad ognuno ruoli attivi nel colpo oppure di “semplici” fiancheggiatori. I colpi di kalashnikov furono esplosi ai vetri dei furgoni, ad una altezza potenzialmente mortale se solo la blindatura non avesse retto alla potenza di fuoco.Queste considerazioni, nell’ordinanza, si sono tradotte nell’ulteriore contestazione del tentato omicidio delle sei guardie giurate.Intanto, il 39enne di Paderno Dugnano vicino al gruppo di fuoco fermato lo scorso mese di giugno con l’accusa di detenzione di armi e ricettazione (e non di rapina) ha chiesto nelle scorse ore tramite il suo avvocato di poter andare ai “domiciliari”. Istanza che il giudice delle indagini preliminari Luciano Storaci ha tuttavia respinto. Quindi, anche il 39enne che ha finito con l’essere coinvolto nelle indagini rimane in cella in attesa di sviluppi.

Mauro Peverelli

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