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La serie “Il Mostro” ripercorre le origini del caso del Mostro di Firenze | Impossibile non citare la pista secondo cui abbia vissuto anche a Como

La serie Netflix di Sollima è un grandissimo successo, tuttavia c’è una vecchia pista dimenticata che coinvolge anche Como.

La miniserie composta da quattro episodi, riapre una ferita sanguinante per l’Italia, ritornando alle origini del caso del Mostro di Firenze.

Racconta della prima indagine, ricostruendo una delle inchieste più lunghe della storia del Paese.

Una narrazione approfondita che riporta alla luce documenti, ipotesi e piste attualmente oggetto di dibattito, ripercorrendo quella chiamata “pista sarda”.

Un’opera assolutamente da vedere, ma bisogna citare anche un’episodio che riguarda il famoso scrittore Douglas Preston, il giornalista Mario Spezi e anche la città di Como.

Dolci colline di sangue

C’è un libro scritto da Spezi e Preston dimenticato, che presenta un’edizione censurata italiana e una per il mercato anglofono. Il titolo è Dolci colline di sangue (The Monster of Florence) ed è un’inchiesta condotta dai due quando si conobbero in Italia nel lontano 2000. Spezi lavorava sul caso del Mostro da anni e suscitò la curiosità del famoso giallista. Iniziarono ad analizzare i documenti della pista sarda ormai abbandonata e riaprirono capitoli ormai chiusi.

Si narra del fatto che Stefano Mele non potesse essere solo la notte del 1968 durante l’omicidio Locci-Lo Bianco. Parlano di una “Sardinian Connection”. Questa ipotesi vede coinvolti i fratelli Francesco, Salvatore e Giovanni Vinci. Tutti arrestati, ma mai contemporaneamente, cosa che negli anni ha permesso al Mostro di colpire. La connessione dell’omicidio Locci con quelli del mostro è l’arma. Anche nella serie si evince che è una Beretta calibro 22 con cartucce Winchester serie H con segni peculiari sull’ogiva. L’arma mai trovata ha un percussore difettoso che lascia un segno particolare.

Como e il Mostro

Partendo dall’assioma che uno dei partecipati all’omicidio Locci fosse il proprietario della Beretta, i due hanno rintracciato un uomo, che nelle versione italiana viene chiamato Carlo, per motivi legali. Convinti che la famigerata pistola fosse solo passata di mano. Parlarono con lui, andarono a casa sua, Preston nel libro afferma che ricordava Robert De Niro.

Dicono che è il figlio di uno dei partecipanti all’omicidio Locci, con un divorzio per matrimonio rato e non consumato e che dal 1975 al 1980 viveva a Como. Dove” mangiava bene ed era circondato da ragazze”. Una parentesi in cui il Mostro non uccise nessuno. Questa pista causò problemi ai due scrittori accusati di intralcio alla giustizia, falso e calunnia, cosa che portò Spezi in carcere e Preston alla fuga. Strano che non fu il fantomatico “Carlo” che visse a Como a denunciarli, ma gli inquirenti.

Ilaria Lando

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