L’accordo del 1974 sul regime di fiscalità dei frontalieri e sui ristorni che entrano nelle casse dei Comuni di frontiera può essere disdetto. A questa conclusione è arrivata l’Università di Lucerna, che aveva ricevuto una richiesta di parere legale da parte del Consiglio di Stato del Canton Ticino.
Sono ormai cinque anni che il nuovo accordo sull’imposizione fiscale dei frontalieri, “parafato” nel dicembre del 2015, è in attesa di una ratifica da parte italiana. Il Canton Ticino, a trazione leghista, con il suo presidente Norman Gobbi, spinge su Berna, che invece è tradizionalmente molto più morbida in materia di rapporti internazionali.
Ora, però, secondo la perizia dell’Università di Lucerna, il vecchio accordo potrebbe essere disdetto anche unilateralmente, attraverso una «disdetta parziale della Convenzione sulla doppia imposizione» si legge sul “Corriere del Ticino”, che proprio ieri ha aperto il giornale sulla questione dei frontalieri.
La doppia imposizione in vigore oggi consente al lavoratore frontaliere di essere tassato unicamente in Svizzera. Dal canto suo, la Confederazione versa poi all’Italia e quindi ai comuni di residenza dei frontalieri, importanti contributi sotto forma di “ristorni”. La Lega dei Ticinesi, come detto, preme così sull’acceleratore per la risoluzione dell’accordo. «Avanti con la disdetta – scrive Lorenzo Quadri – Così non ci saranno più ristorni da versare: questi soldi ci servono per le necessità dei ticinesi».
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