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Laiolo, l’ardua ma necessaria navigazione della poesia

Una poesia che si nutre con incessante devozione dell’esempio di antichi maestri, da Dante a Petrarca ad Alfieri, e che si ingegna di dar conto di un concetto di cui oggi tanto si parla tanto ma spesso senza cognizione di causa, come un mantra generico quanto politicamente corretto ossia asettico: la bellezza. Si intitola cosìLa bellezzail “carme nautico” del torinese Andrea Laiolo, classe 1971, edito da Aurora Boreale di Prato. Un libro da consigliare a chi si crede poeta solo per il fatto di “andare a capo” con la sua sciatta prosa vuota di significato, e da leggere specialmente in riva al Lario, terra di poeti specchiata in acque profonde che ha già visto una recente traduzione presso Lietocolle diThe Rime of the Ancient Marinerdi Coleridge a firma di Giulio Viano. Il libro di Laiolo è tecnicamente una plaquette vista l’esigua quantità di pagine ma non limitiamoci a quello che René Guénon chiama il “regno della quantità” perché qui dietro l’apparenza c’è qualcosa inversamente proporzionale al dato materiale e ci riferiamo all’ambizioso progetto e alla densità dei concetti espressi per forza di endecasillabo: Laiolo, persuaso in senso michelstaedteriano contro ogni vuota retorica o moda espressiva contemporanea, vuole usare la metafora della navigazione, per mare o per acqua dolce è lo stesso, per lanciare un appello forte e chiaro quanto inattuale. La bellezza salverà il mondo, si dice magari non citando l’autore di quello che è diventato un aforisma da cioccolatino, ma ci si dimentica di specificare il mondo si è dannato da se senza riconoscerla. E sostiene Laiolo chiaramente senza riconoscerne la natura profonda, di anima trascendente, spirituale e quindi nobile, immanente rispetto alla caducità di quel mondo sciatto e sfibrato. In cui non si sa più scrivere degna poesia perché se ne sono perse le coordinate celesti rimanendo alla povertà delle terrestri: “Non più canto e non più sacro (…) / bensì dimesso parlottio, vociare, / rovello di pensiero, oscurità / di lingua, l’evidenza immolata / ad una ossessa introspezione, e crolli / della presunzione”. “Una nuova nautica ad oltre quattro secoli da Bernardino Baldi? O forse il frutto di un nuovo monito plutarchiano-dannunziano? Un intento didascalico sussiste e si palesa in questo poemetto di Andrea Laiolo, così come la metafora della navigazione abbraccia qui un riferimento esplicito all’eroismo della vita di poeta in quanto tale” annota Mario Marchisio a proposito di questo libro.

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