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LARIO TRADITORE

(c.f.) Nel XVI secolo, tra Santa Maria Rezzonico e Cremia, s’inabissò una barca carica di rame. Lo testimonia Roberto Rusca nella sua Breve descrittione dè principali luoghi del territorio et vescovado di Como del 1629. Sarebbe colata a picco in corrispondenza di un pericoloso promontorio, «sospinta dai vortici in quell’orrendo flusso e riflusso delle onde». Per recuperarla vennero chiamati dalla riviera ligure tre palombari. Dato che il primo non sarebbe riemerso, scese un secondo a

cercarlo, ma fu parimenti rapito dall’impeto della voragine. Allora un terzo, terrorizzato, una volta tornato in patria raccontò che il Lario era più infido del mare.Numerosi, sui fondali del Lario, sono anche i relitti di comballi, tipiche imbarcazioni da trasporto lariane, a vela, lunghe anche 30 metri. Ne affondò uno a fine ’800, partito da Moltrasio con un carico di pietre e diretto a Colico. È stato scoperto nel 1982. Colto da un fortunale, cercò di rifugiarsi nella calma baia di Piona, ma impetuose raffiche di vento gli rovesciarono addosso le acque impazzite del lago. Già basso per il peso eccessivo, il “Luisin” (questo in nome del natante) prese ad allagarsi. E, in breve tempo, s’inabissò, andando ad adagiarsi sul fondale a circa 27 metri di profondità. Per ironia della sorte, proprio nei pressi dell’abbazia medievale di San Nicolò, protettore dei naviganti.Numerosi furono i naufragi, che nel corso dei secoli accompagnarono la vita di queste imbarcazioni da trasporto. Voci ne segnalano a Menaggio, Nobiallo, Dongo, Gravedona e Varenna. Un piccolo museo subacqueo. Cui si potrebbero aggiungere un paio di comballi davanti all’Isola Comacina e gondole segnalate a San Siro, Dervio e Tremezzo. Alcuni comballi – molti al largo di Carate – furono invece inabissati di proposito: il legno con cui sono stati costruiti è trattato e quindi inutilizzabile per la combustione. A Carate c’è però un comballo a -16 metri inabissatosi un’ottantina di anni fa, a causa, probabilmente, di uno spostamento fatale del carico, che lo sbilanciò.L’erudito comasco Anton Gioseffo Della Torre di Rezzonico nel XVIII secolo ci parla poi di una barca carica di lastre moltrasine, inabissatasi il 22 gennaio 1619 a Cadenabbia. «Questa, inghiottita senza alcun strepito dalle onde, lasciò per qualche tempo il luogo di un’immensa voragine, senza che in seguito si sia potuto trovare nulla di ciò che apparteneva alla nave. Simili cose dimostrano che nel Lario si occultano spelonche, che si riempiono delle acque del lago e le nascondono nelle viscere della terra, e talvolta, scosse dalla forza occulta di venti e correnti, inghiottono ciò che trovasi in superficie».Da citare anche, a Pescallo, frazione di Bellagio, i resti di una barca a vela in legno di circa 12 metri, inabissatasi per cause sconosciute.E vicino a Villa d’Este a Cernobbio pare certa la presenza di una barca degli anni ’60 del secolo scorso, di 15 metri di lunghezza, a una profondità di circa 40 metri.

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