Il comasco Fabrizio Musa, pittore di fama internazionale, è tornato ad esporre alla fiera “The Armory show” a New York con una serie di dipinti nel suo ormai classico stile in bianco e nero che deriva da una ricerca fotografica, digitale e pittorica insieme.Nella Grande Mela ha proposto lavori che celebrano un insigne monumento simbolo della metropoli Usa, il Guggenheim Museum disegnato dal grande architetto Frank Lloyd Wright. Tra i dipinti proposti da Musa nello spazio a cura della storica galleria Montrasio anche nove opere dedicate al Chrysler Building, altra icona newyorkese. La fiera era in programma fino a domenica 8 marzo (informazioni su thearmoryshow.com), quando l’emergenza coronavirus negli Usa non era ancora scoppiata anche se le prime avvisaglie erano già nell’aria.«Questa è stata la mia terza partecipazione all’Armory, che è la principale fiera dell’arte contemporanea in terra americana, con una selezione importante delle maggiori gallerie di tutto il mondo. Nello spazio allestito da Montrasio ero insieme ad alcuni artisti italiani emergenti e accanto ad una delle mie opere c’era un lavoro del grande Jannis Kounellis, per me è stato un onore e una grande emozione».In un recente servizio del “Giornale dell’arte” si rimarcava il ruolo sempre più preponderante dei collezionisti che si accaparrano opere di artisti giovani e meno giovani e condizionano il mercato. Le gallerie forse non hanno più il ruolo di un tempo? «Secondo me fiere di questo genere sono comunque strategiche – dice Musa – come occasione di incontro, scambio di idee. Non c’è stata aria di crisi all’Armory quest’anno, anzi, non c’è stata affatto una flessione nelle presenze. Certo, si iniziava a non scambiarsi più strette di mano perché il tema coronavirus era già argomento sensibile, ma ho visto code e assembramenti per entrare alla fiera, segno che il mercato è ancora florido e c’è attenzione per questo mercato. Io ho collezionisti sia negli Usa che in Canada che in Europa oltre che naturalmente in Italia, posso dire che mediamente i collezionisti americani sono preparati e attenti, studiano la storia dell’artista che interessa loro, e il contesto culturale da cui proviene. Non sono affatto sprovveduti. Ad esempio ai miei interlocutori americani è piaciuta molto l’installazione permanente che ho appena realizzato su una parete in via Vittorio Emanuele a Como accanto al Duomo».Musa sta ora lavorando a nuovi progetti tra cui grandi arazzi tessuti da artigiani lariani con tecnica jacquard dove poi interviene pittoricamente.
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