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«Lavoro: l’intera Lombardia sia zona rossa». Sindacati e associazioni uniti nella richiesta

Sindacati compatti nell’affrontare l’emergenza Coronavirus. Cgil, Cisl e Uil a livello regionale e a cascata nei singoli territori provinciali hanno voluto fare il punto della situazione. Innanzitutto sottolineando come «per l’economia e il lavoro la Lombardia è tutta zona rossa. Le misure del Governo sono solo un piccolo primo passo, del tutto insufficiente». La convinzione, fortemente sostenuta, è che non si possa immaginare il rilancio del sistema produttivo lombardo ragionando su incentivi e soluzioni solo per una parte dell’intera regione. «Tutta la Lombardia è direttamente coinvolta, interessata e sacrificata dall’emergenza sanitaria. Datori di lavoro, lavoratrici e lavoratori stanno subendo danni enormi, ecco perché in tutta la Regione e per tutti i lombardi si deve assolutamente intervenire in maniera adeguata e complessiva per evitare che il sistema già in crisi possa rischiare il collasso». Questo il messaggio dei sindacati che «pur giudicando positivamente lo sblocco delle risorse regionali per accedere, previo accordo tra le parti e con la Regione, all’utilizzo della Cassa Integrazione in Deroga, va fatto di più». Per questo viene ribadita la richiesta che l’intera regione, in quanto colpita in modo esteso da chiusure e sospensioni di attività in vari settori, debba poter beneficiare degli strumenti a protezione del lavoro previsti nei comuni della zona rossa.E anche le associazioni di categoria continuano a mantenere alta l’allerta sulle ricadute territoriali. E così Cna ha rilanciato alcuni messaggi fondamentali. Innanzitutto «la zona rossa è un concetto sanitario, ma sul piano economico è un’astrazione, in quanto le ricadute economiche della crisi da Coronavirus sono ben più larghe di un ristretto perimetro geografico», fanno sapere. Da qui l’invito ad allargare il più possibile la geografia delle contromisure anche fiscali.In aggiunta, pur evidenziando l’importanza dello smartworking, Cna sottolinea come sia uno «strumento minoritario, nella sua applicabilità, al nostro tessuto imprenditoriale, caratterizzato da una larga prevalenza di mansioni e funzioni non trattabili in termini di smartworking».Un appello arriva anche da Paolo Mazzone, presidente della Compagnie delle Opere di Como.«Il rischio c’è ed è evidente, ma non ci si può fermare alla psicosi e all’insicurezza. La risposta deve essere coesa e sinergica. Su questo piano siamo in prima linea per sostenere un lavoro unitario aperto a tutti, imprese, istituzioni e associazioni».

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