Leotta, così la musica resiste ai morsi del virus
La musica come baluardo per difendersi dal virus, anche se costringe a disfare i bagagli e a una reclusione che può essere proficua. L’altro giorno sul quotidiano “La Republica”, uno dei principali giornali del Perù, un articolo ha dato conto dei concerti di musica classica cancellati a causa della pandemia.La grande pianista Martha Argerich ha dovuto rinunciare alla sua esibizione e anche un comasco, Christian Leotta, virtuoso di fama internazionale, non potrà tenere i suoi recital nella terra degli Incas nel cartellone della Sociedad Filarmonica.«Da tempo meditavo un anno sabbatico, l’occasione è arrivata prima del previsto e all’improvviso» dice Leotta che la prende con filosofia ma fa anche amare riflessioni sul presente e sul futuro della musica. Quella suonata, vissuta, quella a cui tanti come lui dedicano una vita intera di studio e di passione.Leotta ha avuto modo giusto prima che si abbattesse sul mondo la sventura di regalare ai suoi fedeli comaschi il ciclo delle “Sonate” di Franz Schubert.«Per me in questi giorni di quarantena la musica rimane un grande alleato – dice – Proprio questa settimana entrante sarei dovuto partire per la mia trentaduesima tournée in America Latina, suonando a Città del Messico, Lima, Panama, Città del Guatemala… In occasione del 250° anniversario della nascita di Ludwig Van Beethoven avrei dovuto eseguire quello che è uno dei più sublimi programmi per pianoforte di tutti i tempi: le ultime tre Sonate di Beethoven, Op. 109, Op. 110, e Op. 111 (fra l’altro a Lima, dove sono invitato per la terza volta dalla Sociedad Filarmonica e dove ho anche eseguito il ciclo delle 32 Sonate di Beethoven). Adesso è tutto rinviato a date non ancora conosciute, come pure l’altra tournée di fine anno in Giappone e Asia, per la quale, forse, c’è ancora speranza».Si spera nel vaccino, qui come nel resto del mondo.«Purtroppo temo che la musica sarà l’ultima categoria a ripartire. Ricordo l’epidemia di Sars nel 2003: dovevo suonare a Singapore e Hong Kong, e dovetti spostare le date di un anno. Anche allora indossavano tutti la mascherina e c’erano controlli serrati agli aeroporti. Nel 2009 ero in Messico, con l’epidemia di febbre suina che credo di essermi preso: ebbi una piccola influenza con febbre bassa. Pochi mesi di blocco e poi tutto ripartì. Ma adesso la situazione è grave e le conseguenze economiche saranno devastanti anche nella musica. Ho visto cosa ha subito il mio mondo dopo la crisi economica del 2008, una tremenda corsa al ribasso in termini finanziari e di qualità media. Quando si riprenderà la vita concertistica dopo il coronavirus ci sarà una scrematura enorme di musicisti e per quelli ancora attivi sarà comunque drammatico, ci saranno orchestre costrette a chiudere e, se pensiamo ai conservatori, studenti che dovranno cominciare la carriera nel peggiore periodo economico da un secolo a questa parte».Senza contare chi fa una carriera solistica come Leotta. «Molti solisti che vivevano di concerti ora si stanno mobilitando per insegnare, sanno che il mondo dei concerti sarà depauperato e con condizioni ancora più magre di prima».Ma prima della musica c’è la salute. «È la prima cosa ovviamente. Per quanto mi riguarda la distanza sociale è una occasione importante, un momento di crescita e riflessione personale. Lo spazio si è ristretto ma il tempo si è enormemente dilatato, posso provare i pezzi che prima erano nel programma di sala dei miei concerti senza avere lo stress del recital e della tournée, posso sperimentare nuove idee interpretative, approfondire intuizioni che prima non avrei avuto il tempo nemmeno di immaginare».Molti musicisti si cimentano con Internet. «Per molti sarà il futuro oltre che il presente. Per me il momento è troppo tragico per effettuare qualsiasi “performance” e, in musica, ora il “silenzio” ha valore pari al suono».Come è la sua routine?«Lo studio di nuovo repertorio cui mi dedicherò nei prossimi due o tre anni, come spero, e l’approfondimento delle integrali delle Sonate di Beethoven e di Schubert, come pure lo studio del tedesco, al quale mi dedico almeno due ore al giorno. Se la quarantena si prolungasse per mesi darò lezioni, visto che la tecnologia permette cose straordinarie. Il periodo sabbatico penso di sfruttarlo al meglio anche per la preparazione del prossimo disco dedicato al ciclo delle Sonate di Schubert. Una incisione richiede di norma uno studio di almeno due mesi. Invece adesso ho davanti questo tempo indefinito, che consente una preparazione ancor più focalizzata. Stiamo parlando di un patrimonio di infinita bellezza, tutto dipende dal tempo. Troverai comunque orizzonti che ti si spalancano davanti e cose nuove da scoprire. La mattina, per tornare alla quotidianità, mi esercito un paio d’ore su Beethoven e Schubert, poi ho i miei esercizi fisici e di rilassamento, almeno 45 minuti al giorno. E lo studio musicale: le partiture e l’ascolto dei grandi interpreti. Dopo cena vado al cinema. In salotto mi attendono Fellini e Akira Kurosawa. Ma in definitiva speriamo che l’emergenza, senza pari nella storia recente, possa finire, o quantomeno non essere così drammatica. Non credo sarà facile tornare a suonare in pubblico fra pochi mesi. Prima di allora, in ogni caso, spero davvero che i contagi e soprattutto i decessi causati da questo terribile morbo si azzerino, dando a tutti grande speranza per il futuro. A quel punto, anche la musica potrà tornare a comunicare la sua bellezza infinita, dando grandissima gioia e innalzando lo spirito dell’uomo, anche grazie ai nuovi mezzi che offre la tecnologia moderna. Ritengo che l’attuale emergenza sanitaria possa inoltre consentire un ulteriore avvicinamento dell’interprete all’animo del compositore. La massima parte del repertorio che eseguiamo è stata infatti scritta tra la fine del Seicento e i primi del Novecento, quando era davvero facile ammalarsi, e morire, anche per una “banale” influenza. Penso subito al mio caro Schubert, morto a soli 31 anni a causa di una febbre tifoide. Scoprirci oggi così fragili di fronte al nuovo virus ci porta ad avere una differente percezione del valore della vita e del tempo, che, nel caso di un interprete, trovo sia davvero utile per avvicinarsi ancora di più al pensiero dei grandi compositori del passato».Lorenzo Morandotti