Oggi il comascoGianluigi Spata, presidente della Federazione regionale degli ordine dei Medici della Lombardia, ha scritto una dura e sofferta lettera all’assessore regionale al Welfare della Regione, Giulio Gallera, sull’emergenza Coronavirus. Ne riportiamo il testo integrale, sottoscritto anche dai presidenti degli altri ordini provinciali lombardi.
Ill.mo Avv. Gallera,
in questa mia
esperienza vissuta in ospedale ho avuto la possibilità di vedere le cose sotto
due prospettive diverse, come paziente e come medico.
Come paziente ho
potuto toccare con mano la realtà di un giorno lavorativo di colleghi,
infermieri e tutto il personale sanitario. Ho visto un lavoro frenetico,
attento e di alta professionalità ma soprattutto ho notato un grande riguardo
per l’aspetto comunicativo e umano. Tutto questo 24 ore su 24, minuto su
minuto, di giorno e di notte. Ho visto reparti riempirsi in pochi giorni
stravolgendo completamente quelle che erano le normali attività di tutti i
giorni. Ero ovviamente preoccupato per la salute mia e di tutti gli altri
pazienti ma nello stesso tempo tranquillo perché sapevo che sarebbe stato fatto
tutto quello che era necessario. Mi sentivo in mani sicure indipendentemente
dai ruoli di chi mi curava.
Come medico invece i pensieri e i sentimenti sono di tutt’altra specie.
Ho provato tanta
rabbia nel vedere colleghi e tutto il personale sanitario lavorare
incessantemente, con poche ore di riposo, rabbia e angoscia chiedendomi come
mai il tal collega non si era fatto vedere in reparto: era a casa o ricoverato
perché colpito dal virus.
Ho visto in reparto
centellinare mascherine, guanti, camici per non arrivare ad esaurire i DPI e
poter garantire il massimo della sicurezza al personale e ai pazienti. In quei
giorni ho ricevuto anche notizie di colleghi amici deceduti e non mi vergogno
di aver provato un grande sgomento e aver pianto ricordando i tanti momenti
condivisi.
Il mio pensiero è andato subito al territorio che è stato vergognosamente lasciato solo, abbandonato a se stesso, senza DPI, solo piccoli ausili di protezione insufficienti per numero e qualità a gestire una situazione di tale portata ; infatti ora anche i MMG stanno pagando un alto prezzo di questa situazione, sia in termini di salute (quanti sono ammalati ad ora ?), che in termini di ansia e sensi di colpa nell’assoluta attuale impotenza ad assistere ed aiutare i propri pazienti non ricoverati.
Come FROMCeO più
volte abbiamo chiesto alle istituzioni di mettere in sicurezza chi ogni giorno
lavora sul campo e che è il primo garante della salute e della sicurezza del
cittadino.
La situazione allo stato attuale è invariata: i presidi non ci sono e, se presenti, sono insufficienti a far fronte all’emergenza sanitaria.
Ci troviamo di
fronte a un nemico silenzioso, invisibile: come mai, mi chiedo, gli Ordini
professionali sanitari sono stati, tranne in rarissimi casi, tenuti al di fuori
da ogni scelta di politica sanitaria? Non potevamo forse collaborare per
evidenziare quelle criticità che poi di fatto hanno messo in ginocchio il
territorio e non solo?
È forse bene
ricordare che il nostro nuovo ruolo di organo sussidiario dello stato ci
garantisce la possibilità di essere coinvolti in tutte le riunioni e decisioni
di carattere sanitario, sia a livello regionale che provinciale.
C’è voluta questa
gravissima emergenza a far sì che l’opinione pubblica si accorgesse di quanto
la classe medica e anche tutti gli operatori sanitari siano disposti a
qualunque sacrificio per il bene collettivo, anche a rischio della propria
incolumità; è impressione generale che il lavoro svolto in precedenza , l’attenzione
al malato e la fedeltà al lavoro, a costo anche di subire violenze fisiche come
purtroppo prima dell’inizio dell’epidemia avveniva spesso, non sia mai stato
effettivamente apprezzato.
Medici, infermieri e tutto il personale sanitario sono un esercito che sa rimboccarsi le maniche e lavorare a testa bassa; è arrivato – direi purtroppo viste le circostanze – il momento di essere ascoltati, lo spirito e la voglia di collaborare non ci è mai mancata se si vuole salvaguardare il nostro SSN, il cittadino e la professione.
Mi auguro che
superato, speriamo presto, questo drammatico momento, le parole non restino
solo “parole, parole, parole…”.
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