Mario Macalli
«Il calcio italiano ormai è ammalato La moneta buona scaccia quella cattiva, è una regola economica. Vale anche per il pallone». Mario Macalli, per molti anni presidente della Lega di Serie C (poi diventata Lega Pro) segue da vicino il caso Como. «Ho un grande affetto verso questa squadra e verso la società. Ho conosciuto dirigenti e giocatori di valore, tutto quanto sta accadendo mi rattrista tantissimo». Le domande che si fa Macalli sono le stesse che corrono, da settimane, di bocca in bocca anche in città. «Dopo il fallimento, la curatela ha portato avanti il campionato con l’esercizio provvisorio, fino alla vendita. All’asta i nuovi proprietari hanno comprato la società ma non il titolo sportivo, che è sempre rimasto alla Federcalcio. Allora mi chiedo: perché questi signori non hanno mai chiesto il titolo sportivo? Quando si fa un’operazione del genere, di solito, c’è un passaggio preventivo proprio in questa direzione». Prima anomalia, cui Macalli ne aggiunge un’altra. «La pratica dell’affiliazione costa niente. Ma entro il 30 giugno devi invece fare domanda di iscrizione al campionato. E per questo passaggio bisogna aver sanato i debiti vero l’erario e i debiti verso gli istituti previdenziali e aver pagato gli stipendi dei calciatori e dei tesserati sotto contratto».
«Sono mancati completamente i controlli», accusa l’ex presidente della Lega Pro. «Il problema è serio e riguarda tutto il calcio professionistico. Quando si compra una società chi verifica la solidità degli acquirenti? Avrei mille cose da dire, ma forse è meglio che taccia». Spesso, in passato, Macalli ha duramente contestato la bontà di operazioni straniere nei club italiani, a partire da quelli storici. «Io mi fido di Brambilla Ambrogio, che ha due euro in tasca e me li fa vedere. Tutti gli altri chi sono? Il Sinigaglia vuoto. Una triste realtà anche nei prossimi mesi se non si uscirà dal tunnel Da dove arrivano?».
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