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Lo psichiatra Perna: «Siamo entrati nell’età dell’incertezza»

Dalla fase della perplessità a quella dell’incertezza consapevole. Giampaolo Perna, psichiatra e direttore del dipartimento di neuroscienze cliniche di Villa San Benedetto Menni, ad Albese con Cassano, si occupa di pazienti con disturbi d’ansia. Che durante l’epidemia hanno visto accrescere le difficoltà. «Siamo in una fase – commenta l’analista – in cui dobbiamo fare i conti con la realtà, la consapevolezza appunto di una incertezza destinata a durare a lungo. Per un po’ di tempo dovremo convivere con il rischio e rimodulare la nostra vita sulla base di un pericolo, il virus, che è diventato una presenza per ora ineludibile. Non sappiamo cosa faremo quest’estate. Né se in autunno ci sarà una nuova ondata virale. Siamo in un’epoca in cui l’unica certezza è l’incertezza».Chi è più esposto allo stress in questa situazione? «Chiamano eroi i medici e gli infermieri, e con ragione. Ma dobbiamo ringraziare le donne che si sono fatte e si fanno carico dei figli e della casa, proprio ora che c’è bisogno di maggior cura dell’igiene. Penso alle mamme con figli piccoli, senza nemmeno il conforto dei nonni che vanno tenuti a distanza di sicurezza per il loro bene. E senza materne né nidi a disposizione. E, spesso, cercando di mantenere la loro attività lavorativa. Con la pressione che subiscono è necessario che le donne sappiano resistere e sentano la solidarietà non solo dei mariti ma anche della società e dello Stato».Siamo in una fase nuova della vita. «Sì – dice Perna – all’inizio della pandemia c’era la speranza in una risoluzione rapida, ora invece sappiamo che dovremo rimanere in bilico per un po’. Dobbiamo però vigilare: il distanziamento sociale non diventi distanza emotiva e affettiva. Purtroppo tendiamo a salutarci di meno, e più in fretta. Dovremo lavorare molto per colmare la distanza comunicativa, e solo in parte ci aiutano le nuove tecnologie. Se ci parliamo in video, è una cornice monodimensionale che non ci fa capire i contesti di cui facciamo parte. Il rapporto individuale concreto è altra cosa. Insomma, dovremo essere realisti e capire che dovremo impegnarci per recuperare la pienezza dei nostri rapporti interpersonali».Molti rischiano di perdere anche il lavoro, sono di fronte a un crollo emotivo. «Chi già prima era in difficoltà ora sta peggio. Le richieste di aiuto aumentano. Diminuendo la sicurezza aumenta lo stress. Ma la crisi invita a riflettere non solo su ciò che perdiamo ma anche su ciò che possiamo recuperare. La pandemia ha liberato il tempo, ad esempio. Molti prima correvano col pilota automatico inserito. È l’occasione per ridare al tempo un nuovo valore. Non sono pessimista: lo tsunami ci ha travolto, in particolare in Lombardia, ma siamo ancora in piedi. Certo ci sono spettri nel nostro futuro, ma siamo individui resilienti, non rassegnati».

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