«Non intendiamo esprimere alcuna preclusione verso una sinergia tra pubblico e privato per la riqualificazione e gestione» dello stadio «non solo ai fini calcistici», ma «sottolineiamo la necessità che la componente pubblica definisca gli obiettivi d’interesse generale e le funzioni pubbliche che la “rigenerazione urbana” dell’area deve avere. Tutto ciò prima che vengano assunte determinazioni gestionali che potrebbero condizionare nel futuro libere scelte da parte della cosa pubblica in tali direzioni».
L’Ordine degli Architetti di Como avvisa il Comune: prima di firmare una nuova convenzione con la società, schiaritevi le idee. Decidete cioè che cosa fare dell’area forse più importante e strategica di tutta la città.Una posizione netta, che l’Ordine degli Architetti – vista l’importanza dell’argomento – ha addirittura deciso di mettere nero su bianco in un documento intitolato «Riflessioni urbanistiche sulla città di Como e il suo stadio» e firmato dal presidente, Michele Pierpaoli.Nel documento, approvato dal consiglio dell’Ordine giovedì scorso, si va molto oltre a semplici considerazioni di carattere generale. Dato che si suggerisce persino di eliminare il calcio professionistico dal Sinigaglia.
Gli Architetti comaschi chiedono infatti al Comune di «predisporre un progetto strategico per il comparto che: 1) sia di tipo urbano prima ancora che architettonico; 2) riconfermi la zona come area per lo sport, in termini generali e non solo del calcio, ma anche con funzioni legate alla cultura e all’arte, in modo che la struttura possa essere uno spazio pubblico della città ad ampia fruizione e da vivere tutto l’anno; 3) valorizzi l’importantissima testimonianza architettonico-urbanistico- culturale dell’intera zona, una vera e propria “cittadella razionalista” unica nel suo genere in Europa; 4) valuti in via definitiva se l’attuale uso dello stadio Sinigaglia, che da sempre comporta notevoli problemi di “ordine pubblico” e di gestione delle ordinate dinamiche urbane durante le partite di calcio professionale, non debba essere trasferito altrove in un nuovo stadio posto al di fuori dal centro storico e lungolago, in coordinamento con le scelte definite dal Piano territoriale della Provincia», e cioè «nell’area di Lazzago – Villa Guardia». Quella che a molti può sembrare un’eresia, in particolare ai tifosi e soprattutto alla società Calcio Como, all’Ordine degli Architetti sembra un’ovvietà.
L’area in cui sorge lo stadio è «un luogo strategico, dove la città incontra il lago ed esprime pienamente la sua più suggestiva dimensione identitaria», e non può quindi essere svenduta.L’idea di una convenzione della durata di 12 anni, firmata in cambio del rifacimento del campo in sintetico, appare irragionevole.Il Comune dovrebbe piuttosto «esplicitare il proprio progetto, anche urbanistico, per il futuro dello stadio Sinigaglia che miri a ottenere il risultato migliore sul futuro di tale comparto». Un’operazione che non si può certamente fondare sulla firma di un’intesa che cede per quasi tre lustri lo stadio alla società di calcio, in cambio peraltro di una sistemazione del tutto parziale qual è la sostituzione del manto erboso con uno sintetico.
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