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Lo scrittore lariano Giuseppe Bresciani: «Commessi troppi errori dagli Usa. Ora la Cina dominerà l’Afghanistan»

Lo scrittore comasco Giuseppe Bresciani ha vissuto 92 giorni in Afghanistan nel 2010. Andò ad accompagnare la figlia, neolaureata in legge con una tesi sui bambini soldato, che aveva ottenuto una stage in una Ong che si occupa della protezione della donne maltrattate e realizzava shelter, rifugi sicuri. «Aveva 20 anni, mia figlia, le dissi: “se vuoi andare vai, io però ti seguo”».Da quella esperienza indimenticabile è nato anche un dei libri di successo di Bresciani, “L’inferno chiamato Afghanistan. Storie del Paese dei talebani”. Da alcuni giorni lo scrittore sta pubblicando sul suo profilo Facebook alcune esperienze e aneddoti vissuti a Kabul ed è naturalmente un attento osservatore della drammatica situazione in corso.«Prima scrivevamo tutti della pandemia, eravamo tutti virologi, ora siamo tutti esperti di politica estera – dice Bresciani – così ho detto, forse qualcosa posso raccontarla anch’io. Anzi se volete vi dico anche cosa succederà nei prossimi anni».«Si avvertirà la forte e prepotente ingerenza della Turchia e soprattutto della Cina, che dominerà l’Afghanistan senza le armi – spiega – tanti parlano della droga afghana, ma la vera ricchezza è nel sottosuolo, con miniere di minerali preziosi, come il litio e le terre rare, utilizzate per l’ingegneria eolica, aerospaziale e le nanotecnologie».Bresciani non si spiega però il comportamento americano e le modalità di lasciare il Paese. «Sono stati commessi troppi errori e questo è solo l’ultimo – dice – La presenza stessa dell’esercito Usa in Afghanistan era tutt’altro che rassicurante. Io nei tre mesi di permanenza sono stato sfiorato da due attentati e arrestato. Ma la situazione che ricordo ancora con maggiore paura è stata quando mi sono trovato in auto dietro una colonna dell’esercito americano. C’erano le camionette con i mitragliatori che ti puntavano e l’impressione era che potesse partire un colpo anche per errore, per gioco, da un momento all’altro».Bresciani ha tenuto contatti costanti con diverse persone afghane. Ora teme per loro.«Due amici si sono già messi in salvo da tempo, ma una famiglia discendeva direttamente da un “signore della guerra”. Ho provato a mandare mail e messaggi Whatsapp, spero e credo che siano in fuga. Magari verso qualche rifugio in montagna – dice lo scrittore – Temo anche per le persone dell’Ong che ospitava mia figlia. Lavoravano per l’emancipazione della donna. Non dobbiamo credere ai talebani, per le donne afghane sono tornati tempi drammatici».

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