Chi non guarda ai disagi dei frontalieri, impegnati quotidianamente nel raggiungere il luogo di lavoro in terra elvetica, ma anzi attacca duramente l’Italia, è Lorenzo Quadri, deputato al Parlamento di Berna per la Lega dei Ticinesi e direttore del Mattino della domenica. «Il Ticino si è ammalato a seguito della vicinanza territoriale con la Lombardia, principale focolaio Covid dell’Occidente. Contiguità in regime di frontiere spalancate. Se si fossero chiuse le dogane con il Belpaese per tempo, non ci troveremmo nella situazione attuale», dice Quadri. Non usa dunque mezzi termini il deputato ticinese per far ricadere sull’Italia le maggiori responsabilità di quanto sta accadendo in terra svizzera. E pur evidenziando come sia necessaria la ripartenza delle attività per non creare una situazione economica irrecuperabile, sottolinea con forza come tutto ciò dovrebbe avvenire, piantando paletti ben definiti e non modificabili. «Per scendere nel concreto tutti i padroncini devono restare a casa. A casa anche i 45mila frontalieri nel terziario. Inoltre nei settori autorizzati a lavorare, riprende prima chi non ha dipendenti frontalieri o ne ha pochi. Chi invece ha assunto permessi G (documento che devono avere i frontalieri), a scapito dei ticinesi, dovrà aspettare», scrive Lorenzo Quadri ribadendo inoltre la necessità di procedere con i controlli sanitari sul confine, come la misurazione della temperatura.
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