I vertici delle istituzioni, non soltanto sportive, tanti amici, il mondo del canottaggio con le società ed i dirigenti del territorio e i ragazzi con le tute dei rispettivi sodalizi. Le sedie predisposte erano tutte occupate, attorno – in modo ordinato nel rispetto delle norme anti Covid – centinaia di persone. Tutti hanno voluto essere presenti questo pomeriggio per l’ultimo saluto al campione iridato del remo Filippo Mondelli, scomparso giovedì scorso a 26 anni dopo una lunga lotta, iniziata nel gennaio del 2020, contro un osteosarcoma.Davanti all’altare allestito in Riva a Cernobbio, la bara coperta dal tricolore, i gonfaloni delle società in cui lo sfortunato atleta ha militato, Fiamme Gialle, Canottieri Moltrasio e Lario. Al termine della funzione gli onori militari e la consegna del tricolore alla madre. Poi il feretro ha attraversato la riva ed è stato salutato da un lungo applauso.Tutti si sono stretti alla famiglia, ai genitori Guido e Monica e alla sorella Elisa, pure azzurra del remo . Un simbolico abbraccio, con una combinazione di affetto e di dolore nel ricordo di quello che giustamente è stato definito un «campione nello sport e nella via».Presenti i vertici dello sport nazionale, con il sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali, il presidente del Coni Giovanni Malagò e quello della Federazione canottaggio, Giuseppe Abbagnale, oltre al comandante del gruppo sportivo Fiamme Gialle, il generale Vincenzo Parrinello e quello del Centro sportivo Guardia di finanza, Flavio Aniello. Con il prefetto Andrea Polichetti, i vertici delle forze dell’ordine e i sindaci del territorio.Esponenti dello sport del remo, ma non solo; hanno partecipato alla cerimonia anche l’allenatore del Como Giacomo Gattuso e il campione di motociclismo Jacopo Cerutti.Commosso il ricordo nell’omelia di Don Giovanni Illia, che da sempre è stato vicino a Mondelli. «Ricordo il suo sorriso di bambino, la goliardia del ragazzo, la gioia dell’adolescente e l’impegno dell’atleta, la sua amabilità e bontà».«La vita di Filippo risplende – ha aggiunto – ed è stata come una gara in cui lui è stato un lottatore, un guerriero. Sapeva mettere in gioco la sua dolcezza d’animo, soprattutto quando coglieva sofferenza e difficoltà nei suoi interlocutori. Non si è mai dato per vinto, pianto addosso o rassegnato».
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