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Magatti: «Una piaga sociale da affrontare tutti insieme»

L’intervista – Il responsabile dei Servizi sociali di Palazzo CernezziL’assessore chiama in causa gestori dei locali, genitori, agenzie educative, istituzioni e forze dell’ordineStorico vicepreside del liceo scientifico Giovio, educatore scout per una vita, Bruno Magatti, il neoassessore ai Servizi sociali, non esita a definire il quadro delineato dalla ricerca «una piaga sociale da affrontare tutti insieme».Da pochi giorni in carica, tra le prime carte avute sulla scrivania c’è stata anche questa ricerca che lo stesso ex professore, che di ragazzi ne ha visti passare veramente tanti, definisce «non più un punto di vista, ma un dato di fatto che deve inquadrare il fenomeno della movidain centro per quello che è». Secondo Magatti, «il turismo non c’entra nulla e occorre far sì che ogni attore in campo assuma le proprie responsabilità: gestori dei locali, genitori, agenzie educative, istituzioni e forze dell’ordine».Le cause di tutto questo secondo lei quali sono?«I dati sono senza dubbio allarmanti. Chi sa leggere le situazioni non rimane stupito dal risultato della ricerca. Ci sono motori d’interesse economico che spingono questi comportamenti tra i giovanissimi. Non si può stare dietro il bancone di un bar solo per massimizzare il profitto e tutto il resto vada alla malora. I comportamenti individuali hanno poi costi collettivi. Chi non si frena crea danni che paghiamo tutti. Ciò è frutto di un individualismo radicale che espone soprattutto i più deboli: i ragazzini».Le norme ci sono. Bisogna farle rispettare anche ai gestori dei locali?«Sicuramente i controlli devono aumentare, ma non si può vivere in uno Stato di polizia. “Dove abbonda la norma difetta il costume”, diceva Catone. E il costume si è troppo deteriorato. Il senso di responsabilità va dunque ricostruito non solo per i gestori. L’emergenza è anche della debolezza delle nostre agenzie educative. Esiste un buonismo strisciante e laccato per cui dire di no è vietato. È difficile e impopolare. Certo, è faticoso dire no e questo porta a confondere spesso la fermezza con la durezza. Ma io decido di non permetterti di andare oltre per il tuo bene. E questo è assumersi una responsabilità sociale».D’accordo, ma è un processo lungo. Come affrontare invece l’emergenza?«Occorre investire in prevenzione, cultura e informazione. La ricerca è frutto di questa filosofia che condivido in pieno. Chi è stato sul campo ha capito bene che prima le problematiche vanno conosciute per capire quale sia la ricetta per intervenire».Abbiamo capito quanto è facile ottenere alcol per abbuffarsi. Ma perché tanta voglia di consumo?«È un momento di grande fatica e di problemi per le famiglie. C’è voglia di fuga dalla realtà e si ricerca un’isola per non pensare. Dobbiamo capirlo noi adulti per non pagarlo dopo con gli interessi. L’alcol è una sostanza considerata non pericolosa, ma sopra certi dosaggi crea dipendenze ed effetti sociali devastanti».Quali alternative alla sbornia del fine settimana?«Tutti quanti dobbiamo ricominciare a preoccuparci dei comportamenti personali, vigilare e guidare con garbo e intelligenza i comportamenti dei ragazzi, riaprendo spazi di incontro costruttivo e positivo come alternativa reale a tutto questo. Nulla contro le serate trascorse facendo cose leggere, ma se l’unico modello di divertimento è questo, ciò è inaccettabile».Inaccettabile?«Sì, è inaccettabile che gli unici luoghi d’incontro per i giovani siano votati alla distrazione per la distrazione».Sono luoghi pericolosi?«Quando i minori sono le vittime di un sistema come questo, esiste un investimento malizioso sulla loro debolezza: vendere loro alcolici per fare profitti. L’obiettivo non è aumentare, ma diminuire i frequentatori di un modello di divertimento così impostato. È importante focalizzare il problema soprattutto su questi ragazzi. Dire loro senza paura che farsi del male non è un modo per stare bene».

Marco Fumagalli

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