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Malavita a Cantù: «Tutti conoscevano l’ambiente che ruotava attorno alla piazza»

«Perché non ne ho parlato con i carabinieri? Avevo paura, per me e per i miei familiari». A parlare, davanti al Collegio presieduto da Valeria Costi, è un ragazzo di 24 anni residente a Cantù, che ha raccontato di aver provato sulla sua pelle quello che avveniva attorno ai locali di piazza Garibaldi nel periodo che è poi confluito in una indagine dell’Antimafia e che ha portato a processo, come imputati, nove giovani di origine calabrese. Ieri in aula si sono seduti i primi testimoni. L’accusa, sostenuta dal pm della Dda, Sara Ombra, imputa al gruppo una serie di attività criminali che ruotarono attorno al centro nevralgico della “città del mobile”. Vessazioni che poterono contare, come scrivevano i magistrati meneghini nei giorni delle ordinanze di custodia cautelare, su «una condizione di assoggettamento e omertà che ne derivava dal territorio di riferimento (il Canturino e il Marianese)» e che avevano come scopo «l’acquisizione e il controllo di attività economiche attraverso la commissione dei delitti contro il patrimonio e contro l’incolumità individuale» delle persone. «Era risaputo l’ambiente che ruotava attorno a piazza Garibaldi – ha detto ieri il giovane 24enne – C’era un gruppo di calabresi violenti, prepotenti e poco raccomandabili. Io stesso sono stato vittima di vessazioni, mi buttarono due volte nella fontana di notte e in inverno, mi prendevano in giro per il mio orientamento sessuale, avevo anche saputo che si erano intestati macchine a noleggio a mio nome dopo che avevo denunciato lo smarrimento dei documenti. A casa mi arrivavano multe, ma io non guidavo». «Come li avevo conosciuti? Uno di loro l’avevo conosciuto ai tempi della scuola, poi si era messo con la mia migliore amica. Alcuni non li conoscevo, però stavano sempre in gruppo. Perché non ho mai denunciato? Perché avevo paura, per me ma anche per i miei parenti. Cantù è un paese piccolo dove tutti si conoscono». Non mancavano ovviamente i problemi legati alla vita nei locali notturni: «Ho assistito di persona anche ai pestaggi. Uno? No, almeno sei o sette». Si torna in aula tra una settimana. Udienze che sono in videoconferenza – senza la presenza degli imputati – in seguito alle indicazioni della Riforma Orlando.

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