Manovra, sul Lario un salasso da 156 milioni. Ogni famiglia dovrà sborsare oltre 600 euro

Dure critiche di farmacisti e benzinai. Preoccupati anche i commerciantiComo contribuirà a quello che è stato annunciato come «il salvataggio dell’Italia» con almeno 156 milioni di euro. Secondo una prima stima, sicuramente al ribasso, a tanto infatti ammonteranno i sacrifici chiesti nei prossimi tre anni dal governo di Mario Monti alle 245mila famiglie del territorio lariano.Il dato emerge da un’analisi elaborata dalla Cgia di Mestre in base alle prime cifre ufficiali della “manovra salva Italia”. L’effetto complessivo dell’intervento sulle
famiglie su scala nazionale sarà di 16 miliardi di euro. Distribuendo la somma totale su ciascuno dei 25 milioni di nuclei familiari italiani, l’importo medio che ciascuna famiglia sarà chiamata a sborsare ammonta a 635 euro nel triennio 2012-2014.Il dato, soprattutto per quanto riguarda un territorio quale quello lariano, appare comunque sottostimato. Basti dire che, per i proprietari di un immobile, la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa costerà da un minimo di 200 a un massimo di 1.000 euro l’anno. Nel 2007, l’ultimo anno prima dell’abolizione della tassa sull’abitazione principale, il solo Comune capoluogo aveva incassato quasi 9 milioni dai proventi dell’Ici sulla prima casa e circa 20 milioni provenienti dalle seconde case. E, sempre per restare alla città di Como, sono 1.054 i residenti nati nel 1952, l’anno più penalizzato, secondo alcune stime, sul fronte dei trattamenti pensionistici.La manovra del governo prevede poi, tra l’altro, l’aumento dell’addizionale regionale all’Irpef (l’aliquota minima salirà dallo 0,9% all’1,23%), l’inasprimento delle imposte di bollo sui conti correnti e l’incremento delle accise sui carburanti, che dovrebbero crescere di 1 centesimo di euro, anche se le Regioni, tra cui la Lombardia, chiedono all’esecutivo un incremento di 3,8 centesimi per reperire i soldi necessari a finanziare il servizio di trasporto pubblico.Numeri a parte, fioccano le polemiche delle categorie su alcuni degli interventi introdotti dalla manovra varata dal premier Mario Monti. Sul piede di guerra, in primo luogo, i farmacisti, che contestano l’introduzione della possibilità per i supermercati di vendere i farmaci cosiddetti di “fascia C”, con ricetta medica ma non rimborsabili dal sistema sanitario nazionale. «Sono fortemente contrario a questo intervento – attacca Giuseppe De Filippis, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Como – Non si capisce cosa c’entrino i farmaci di fascia C con una manovra pensata per salvare l’Italia. I Paesi che hanno fatto una simile liberalizzazione sono Grecia e Portogallo e non mi sembra certo che abbiano salvato l’economia».«Il servizio farmaceutico è il più apprezzato dagli utenti in Italia e uno dei pochissimi che funziona benissimo, a detta dei cittadini naturalmente – continua De Filippis – Mi sembra assurdo che si vada a distruggere qualcosa che funziona. I medicinali di fascia C sono quelli che garantiscono il maggiore introito. In questo modo si “regalano” i guadagni ai supermercati e si lasciano gli oneri, i farmaci rimborsabili e tutti i servizi, quali le aperture festive e notturne, ai farmacisti».Usa toni meno duri Giansilvio Primavesi, presidente della Confcommercio di Como. «Ci si aspettava anche qualcosa di peggio – afferma – Certo, l’insieme degli interventi è un duro colpo per tutti, dai privati alle imprese ai consumi. È questo che fa preoccupare, anche psicologicamente: non ci voleva proprio sotto Natale. In ogni caso, per il momento la situazione non sembra cambiata rispetto agli ultimi anni; i clienti continuano ad essere accorti e riflessivi negli acquisti e non si fanno più le spese d’impulso».Parere favorevole, invece, sulla liberalizzazione degli orari. «Scatterà dal 2 gennaio – dice Primavesi – Nei prossimi giorni avremo un incontro in Comune per mettere a punto i dettagli, ma per Como, di fatto, non cambia molto perché con la città turistica è già così. Vedremo come si partirà nelle altre zone della provincia. Abbiamo scongiurato anche il rischio della tracciabilità da 300 euro, che sarebbe stato un onere burocratico eccessivo. Mille euro è una cifra assolutamente accettabile come tetto per i pagamenti in contanti». «Siamo già in un momento disastroso e ora a disastro si somma disastro – attacca Daniela Maroni, presidente dei benzinai di Confcommercio – Fortunatamente, con il maxiemendamento precedentemente approvato abbiamo ottenuto il bonus fiscale che ci garantisce una boccata di ossigeno. Ora ciò che ci preoccupa maggiormente è la nuova, pesante batosta sulle accise dei carburanti, che rischia di aggravare il divario tra noi e la Svizzera».
Anna Campaniello