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Marchesani: «Puntiamo all’acquisto entro fine anno Cantù come Real Madrid e Barcellona»

«Cantù e la sua storia meritano rispetto. Per questo motivo non voglio fare proclami; del futuro e del nostro progetto parlerò se e quando la trattativa andrà in porto». Gabriele Marchesani, imprenditore abruzzese, è l’uomo che più di tutti si è attivato per acquisire la Pallacanestro Cantù.Originario di Ripa Teatina, in provincia di Chieti, 48 anni, Marchesani conferma l’interesse per il club brianzolo della cordata da lui capitanata e parla della trattativa in corso, dei passi che sono stati fatti e delle prossime mosse.«Sono già stato a Cantù e ho incontrato Andrea Mauri e l’avvocato Claudio Vassallo – spiega Marchesani – Ho chiesto una serie di documenti, che mi sono stati mandati e che io e la cordata che è al mio fianco abbiamo valutato. Entro 48 ore contiamo di dare il via alle due diligence e poi tireremo le somme». E se tutto fosse in linea con le aspettative, quali potrebbero essere le tempistiche per il passaggio di consegne? «Entro la fine del 2018» è la risposta.Marchesani è da tempo inserito nel mondo dello sport, non soltanto della pallacanestro. È presidente dell’Europa Ovini Chieri di basket, con la sua ditta è sponsor del Pescara Calcio ed ha anche un ruolo di primo piano nel ciclismo professionistico, come presidente di una squadra professionistica.Proprio grazie al ciclismo, è in contatto con il responsabile marketing del club brianzolo, Angelo Zomegnan, che in passato ha ricoperto importanti ruoli organizzativi nello sport del pedale.«Con me c’è un gruppo di imprenditori che crede nel basket come traino per la promozione e che considera la Pallacanestro Cantù un giusto veicolo, anche per la sua storia e per il ruolo che ha rivestito in Italia e in Europa – aggiunge Marchesani – C’è poi una importante ditta che è interessata al discorso del palazzetto».«Non voglio farne il nome – spiega ancora – almeno fino a quando la trattativa non sarà andata a buon fine. Posso affermare che il progetto che è stato presentato nelle scorse settimane relativo alla nuova struttura è stato molto apprezzato. Ha soluzioni innovative e si può prestare a d un discorso di utilizzo non solo per gli eventi sportive, ma anche per manifestazioni musicali, ad esempio. Ci è molto piaciuto».Ma perché questo interesse per la Pallacanestro Cantù? «Devo rifarmi al discorso di prima: per quello che ha vinto e per la sua storia, questa società ha un ruolo primario nella storia della pallacanestro. Per questo ho profondo rispetto di una tradizione importante e non anticipo cosa vorrei fare: farei la figura dello sbruffone e non mi sembrerebbe il giusto biglietto da visita per presentarmi alla piazza».Marchesani e i dirigenti brianzoli sono in stretto contatto dopo il primo incontro. «Mi sarebbe piaciuto venire domenica scorsa al palazzetto per seguire la partita con l’Olimpia Milano – afferma ancora – ma purtroppo non sono riuscito. Ho comunque mandato Massimiliano Del Conte e Michele Paoletti, che a Chieti sono rispettivamente amministratore unico e direttore generale».Il progetto, dunque prevede dunque una cordata che gestisca la società, in piena integrazione con il consorzio che sta portando avanti Tutti Insieme Cantù, l’associazione di azionariato popolare, che si sta muovendo chiamando a raccolta gli imprenditori del territorio.Marchesani, proprio su questo argomento, cita quello che è pur sempre l’attuale patron, Dmitry Gerasimenko. «Dalle informazioni che ho raccolto, per una serie di motivi non aveva un grande raccordo con la realtà della Brianza – dice – Noi, invece, saremo ben lieti di interagire, sia con Tutti Insieme Cantù, sia con altre forze del territorio che, se tutto andrà in porto, vorranno darci una mano».«Ormai non si può più pensare alla figura di un unico magnate – afferma il presidente di Chieti – disposto a spendere da solo cifre importanti. Serve una unità di intenti, con tanti tasselli. Ed è questo il progetto che stiamo portando avanti».Marchesani trova ispirazione dal mondo del calcio. «Due fra le più importanti realtà a livello mondiale, Real Madrid e Barcellona, si basano sull’azionariato popolare. Ma penso anche alla Juventus: ricordo quando Gianni Agnelli un giorno spiegò che la Fiat non avrebbe più potuto mantenere il club e che la società sarebbe dovuta stare in piedi con le proprie gambe. Quello che poi è successo con i risultati che ora tutti possono vedere. Questa è la dimostrazione che con una sana gestione è possibile fare bene e costruire qualcosa di importante».Massimo Moscardi

Redazione

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