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Martino, un romanzo sul “principe” degli chef

Tra storia e fantasiaHa unito l’Italia, da Nord a Sud, quando la Penisola era ancora divisa in un grande numero di stati e staterelli che si guardavano invidiosi delle altrui fortune, e gli eserciti delle potenze straniere giocavano alla guerra nella Pianura Padana.È Martino da Como, personaggio al limite della mitologia, di cui si conoscono pochissime note storiche. La sua eredità dal punto di vista della storia della gastronomia italiana, invece, è ben nota: il suo Libro de Arte Coquinaria rappresenta il primo vero manuale della cultura e della creatività italica applicate al fare cibo, da Milano a Firenze, da Roma a Napoli. Uno studio appassionato che gli è valso, da parte di Bartolomeo Sacchi (detto il Platina), il nomignolo di “Principe dei cuochi”. E proprio così si intitola il libro che Maria Cristiana Magni gli ha dedicato, pubblicato da Cairo Editore di Milano.Un romanzo che, pur senza porsi ambizioni di rigorosità storica, offre al lettore «una singolare poltrona di prima fila per assistere in un teatro immaginario a una commedia che fa rivivere scorci di vita quattrocentesca in ogni minimo dettaglio, senza trascurare opportunamente il lato gastronomico», come scrive il grande maestro della gastronomia italiana Gualtiero Marchesi nella prefazione.Fantasia e licenza narrativa da parte di Maria Cristiana Magni, certo, ma spesso sono proprio queste le armi che consentono al lettore di gustare meglio tutto il sapore e i profumi di una vicenda. Cosa quanto mai opportuna in questo caso, visto che il personaggio di Martino da Como è, appunto, considerato il capostipite dei grandi maestri dell’arte culinaria della Penisola: a lui si deve lo studio di tutte le tradizioni e le tecniche di preparazione e conservazione del cibo, in tutte le sue forme. A lui, ancora, si deve la diffusione quasi popolare di queste nozioni e informazioni: il suo Libro de Arte Coquinaria è stato, infatti, il primo lavoro di gastronomia a essere stampato con i caratteri mobili ideati da Gutemberg.Con due conseguenze fondamentali di cui dobbiamo essergli grati: ha permesso la diffusione delle tradizioni culinarie locali in tutta la penisola, e, soprattutto, ne ha consentito la fusione in quella che sarebbe diventata componente fondamentale della cultura del buon vivere italiana.

Franco Cavalleri

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