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«Mi guardava fisso, con due occhi da assassino»

La deposizione in TribunaleRiportiamo in questo articolo, un ampio stralcio della deposizione sul banco dei testimoni di Mario Frigerio, che avvenne il 26 febbraio 2008 al processo di primo grado davanti alla Corte d’Assise di Como.Ecco il racconto dei momenti decisivi, quando l’uomo scese le scale con la moglie per verificare cosa stesse accadendo nell’appartamento dei Castagna da cui usciva del fumo: «Sono arrivato sul pianerottolo della finestrella e da lì si vede la porta della signora Castagna – diceva Mario Frigerio – Era chiusa perché c’era fumo ma vedevo benissimo la porta. Dopo, facendo tre o quattro gradini all’incirca, quattro o cinque, mi si è aperta la porta ed è apparsa questa persona che era proprio sulla porta… È apparsa questa persona che l’ho riconosciuto, infatti io sinceramente ero andato anche un po’ in fiducia, perché ho detto “se c’è qua lui allora vado tranquillo”. Però non capivo cosa poteva essere successo. Penso che anche mia moglie l’abbia visto». E ancora, con le difese di Olindo e Rosa che incalzano, la fermezza di Frigerio: «Un punto fermo che dirò sempre qui davanti al signor giudice e ai signori giurati e davanti a voi, è che l’unica cosa su cui non avevo dubbi era la certezza sua… la certezza assoluta che era lui, su quello non avevo mai avuto nessunissimo dubbio sin dal primo momento che mi sono svegliato e che mi sono reso conto che ero all’ospedale, che tutto era reale».Frigerio spiegò anche perché non disse subito il nome di Olindo Romano: «Poi soprattutto non volevo dire il nome perché, lo ripeto, volevo capire prima io perché mi aveva fatto una cosa così, e poi su tante cose non riuscivo a esprimermi perché ero talmente scioccato, non mi uscivano le parole… Guardi, io non volevo ancora dirlo proprio perché io volevo capire, ma quando alla fine mi è uscito il nome volevo come liberarmi, e l’ho detto al comandante Gallorini perché era proprio un peso che avevo, che volevo dirlo. Infatti mi sono liberato e l’ho detto: sì, è lui».Anche se nella mente di tutti rimane il dito del “super-testimone” puntato contro la gabbia della Corte d’Assise di Como.«Era il mio vicino di casa, Olindo Romano. Mi guardava fisso, con due occhi da assassino. Uno sguardo che non riuscirò mai a dimenticare nella mia vita. Qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadermi».

M.Pv.

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