“Mi stavo solo grattando la testa”: Codice della Strada, non staccare le mani dal volante | Multa automatica appena lo fai
Posto di blocco (Fonte Pixabay) - corrieredicomo.it
Con i nuovi sistemi di controllo automatico basta un gesto frainteso per trasformare pochi secondi distratti in una multa salatissima.
La scena è più comune di quanto si pensi: sei in auto, il traffico scorre lento, ti sistemi gli occhiali, ti aggiusti i capelli, ti gratti la testa per un prurito improvviso. Gesti istintivi, che facciamo senza neppure pensarci, mentre la mente è concentrata sulla strada. Ma nell’epoca delle telecamere intelligenti e dei controlli automatizzati, ogni movimento delle mani può essere letto e interpretato da un algoritmo che non conosce sfumature.
La logica di fondo è chiara: chi guida non deve distrarsi e, soprattutto, non deve usare il cellulare. Per questo sempre più sistemi di sorveglianza sono progettati per riconoscere le mani che si staccano dal volante e si avvicinano alla testa, al viso, alla zona dove di solito si regge lo smartphone.
Il problema nasce quando entra in gioco la vita reale, fatta di gesti rapidi, posture diverse e movimenti che nulla hanno a che fare con una chiamata o un messaggio, ma che agli occhi di un’intelligenza artificiale possono sembrare colpevoli.
Il caso assurdo: si gratta la testa e l’AI lo scambia per il cellulare
Come racconta Quotidiano Motori, il protagonista di questa storia è un automobilista olandese, Tim Hanssen, finito al centro di un episodio che ha fatto il giro dei social. Ripreso da una telecamera di controllo mentre era al volante, si è visto recapitare una multa da 380 euro perché il sistema automatico ha interpretato il suo gesto come l’uso del telefono alla guida. Nella realtà, come lui stesso ha spiegato, “mi stavo solo grattando la testa”: nessuno smartphone in mano, nessuna chiamata, solo un gesto di puro riflesso.
Il sistema, basato su algoritmi di riconoscimento delle immagini, ha però deciso diversamente: posizione del braccio, inclinazione della testa e distanza dal volante sono stati letti come prova sufficiente di una violazione. Da lì la sanzione, generata e inviata senza che un agente in carne e ossa potesse valutare il contesto. Un caso emblematico di quanto possa essere rigido un controllo totalmente automatizzato, dove l’interpretazione del gesto è affidata esclusivamente al software.

Quando decide l’algoritmo: il rischio degli “errori perfetti”
L’aspetto più inquietante di episodi come questo è la difficoltà di difendersi. Davanti a una multa emessa da un sistema automatico, l’automobilista deve dimostrare che le immagini non raccontano quello che l’algoritmo ha creduto di vedere. Ma come provare, a distanza di tempo, che in quel preciso istante non c’era alcun telefono in mano, bensì un semplice gesto istintivo? La sensazione, per chi si ritrova in queste situazioni, è di essere stato giudicato e condannato da una macchina che non conosce il beneficio del dubbio.
Il caso di Tim Hanssen mette così sotto i riflettori il confine sempre più sottile tra sicurezza stradale e eccesso di automatismo. Nessuno mette in discussione la pericolosità del cellulare alla guida, ma quando la tecnologia arriva a scambiare un prurito per una telefonata, il rischio è di creare un clima di sospetto permanente, in cui ogni mano che lascia il volante diventa potenzialmente “colpevole”. Un monito per chi guida, certo, ma anche per chi progetta questi sistemi: la lotta alla distrazione non può trasformarsi in un gigantesco malinteso fatto di multe “perfette” per l’algoritmo e profondamente ingiuste per chi, al volante, stava solo grattandosi la testa.
