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Monete, il tesoro aureo dell’imperatore Olibrio

Tra i 40 cantieri aperti in provincia di Como monitorati dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia, quello più celebre e che desta maggiori attese presso il grande pubblico è il cantiere di via Diaz in città murata, dove nel 2018 si è realizzato «il sogno fiabesco della pentola colma d’oro». Stiamo parlando delle monete d’oro (tecnicamente parlando, 1.000 “solidi” più alcuni manufatti in oro), cui ha lavorato la soprintendente per il Comasco Barbara Grassi con Grazia Facchinetti, soprintendente per Monza Brianza e parte del Lecchese, numismatica, autrice sulla rivista ticinese Numismatica e antichità classiche di un primo articolo sui 10 solidi relativi all’imperatore Anicio Olibrio (in carica tra aprile e maggio del 472) coniati nella zecca di Milano.L’espressione della pentola d’oro di favolistica memoria l’abbiamo tratta proprio da quel suo saggio da poco pubblicato, Una emissione di solidi della zecca di Mediolanum a nome di Anicio Olibrio che è di fatto la prima incursione scientifica nel tesoro, parte del quale si spera possa essere come preventivato esposta in permanenza al Museo Giovio. Un altro articolo a firma delle due studiose era uscito, come prima ricognizione specialistica sul ritrovamento, che è uno dei maggiori in Italia, sulla “Rac” ossia la rivista della Società Archeologica Comense.Si è in attesa che, Covid permettendo, si possa arrivare all’agognata esposizione. Il Comune ha appena affidato il progetto preliminare per i restauri della chiesa e dell’intero museo. L’obiettivo per il nuovo spazio dedicato alla numismatica che non ha ancora un termine cronologico è arrivare a una installazione multimediale con testi anche in inglese per valorizzare al massimo quella che è ritenuta la scoperta archeologica del secolo.Ma perché nel tesoro di Como quello di Olibrio è così importante? Spiega Grazia Facchinetti: «Il ritrovamento è di particolare interesse perché amplia notevolmente il corpus delle emissioni realizzate durante il brevissimo regno di Olibrio. Tutte le monete sono state realizzate con la medesima coppia di conii, la stessa con cui fu battuto anche un solido conservato al Museo di Belgrado e ritenuto di dubbia autenticità. Nonostante l’assenza di sigla di zecca, sembra possibile assegnare questa emissione all’atelier di Milano dal momento che nella titolatura al diritto compare una “S” retrograda che trova confronto in tremissi di Olibrio attribuiti a questa zecca». «Orienta verso questa attribuzione – continua il saggio – anche l’analisi di alcuni dettagli dell’abbigliamento che trovano confronto in emissioni a nome di Leone, imperatore d’Oriente, prodotte a Milano forse a partire da conii realizzati da uno stesso incisore. L’esame della croce gemmata del rovescio e della scritta “SALVS MVNDI”, forse riflesso della profonda devozione di Olibrio, suggerisce, rispetto alla più usuale “SALVS REI PVBLICAE” con l’imperatore vincitore sui nemici, un messaggio di pacificazione che potrebbe essere stato rivolto in particolare ai Vandali contro i quali il predecessore Antemio, in accordo con Costantinopoli, aveva effettuato una fallimentare campagna militare».

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