Un medico alla chitarra e il suo collega filmati da un infermiere mentre eseguonoCreepdei Radiohead con il camice e la mascherina ancora indosso. Un altro medico di Medicina ad alta intensità dell’Ospedale di Circolo di Varese che, al termine del suo turno nel reparto Covid, si esibisce al pianoforte nella hall suonandoDon’t stop me nowdei Queen (il video è divenuto un messaggio di resistenza della Asst dei Sette Laghi, che ha pubblicato il video sulla propria pagina Facebook). E ancora, la violinista Lena Yokoyama che ha incantato Cremona, città di Stradivari e capitale della liuteria, esibendosi sul tetto dell’ospedale Maggiore. Le bellissime note di Ennio Morricone si sono diffuse in tutto il quartiere ospedaliero per un breve concerto in omaggio al personale sanitario, ai pazienti e ai volontari di Samaritan’s Purse che gestiscono l’ospedale da campo. La violinista ha così voluto ricordare le vittime e contribuire a una raccolta fondi per gli ospedali cremonesi.Infine, i milanesi, e non solo, non dimenticheranno quando nei giorni più caldi dell’emergenza, il musicista milanese Raffaele Kohler si è esibito dietro la finestra di casa suonando brani popolari tra i quali la celebre O mia bela Madunina. Dai balconi e dalle finestre si sono levati applausi commossi al grido di “Forza Milano”.Di recente, dalle pagine del Corriere della Sera, il maestro Riccardo Muti ha lanciato un appello alla politica affinché non si dimentichi di chi opera nel settore: «Spero che non pensino alla musica come a qualcosa di cui si possa fare a meno» – ha detto.Il maestro Bruno Dal Bon, docente del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Como e impegnato da anni con “La casa della musica”, associazione da lui fondata e diretta, a stimolare riflessioni sul fare musica attivamente, ha provato a immaginare un futuro, anche lui colpito dalle immagini dei musicisti che suonano per alleviare il dolore dei pazienti o per salutare chi non c’è più e che fanno pensare alla purezza della musica, a un significato che non è mai stato così elevato. «Penso che mai come in questo momento – conferma Bruno Dal Bon – la musica e l’arte debbano riappropriarsi della loro funzione prima, della loro sacralità liberatoria, debbano aiutarci ad uscire dalla conformità e dalle solitudini molte volte alienanti di queste ore stimolando desideri, piaceri, partecipazione, creatività».Come potrà essere il dopo per chi lavora nel settore?«È difficile immaginare quale potrà essere la ripresa della vita culturale e artistica una volta conclusa questa emergenza. Quasi tutto cambierà, questo è certo. Non solo per i limiti imposti dal distanziamento sociale, ma perché il lungo tempo sospeso di questi mesi ci sta cambiando e non ci permetterà di riprendere dal punto in cui avevamo lasciato le nostre attività. Credo che il mondo Live si troverà costretto a superare i vincoli di eventi collettivi legati a forme ottocentesche di fruizione artistica, mentre il mondo online si approprierà di sempre nuove creatività, di nuove modalità di utilizzo della tecnica come stiamo già vedendo ogni giorno nelle mille inedite proposte musicali, di danza, di recitazione proposte in streaming».Quale deve essere il ruolo delle istituzioni e della politica?«Tutte queste iniziative che citavo difficilmente potranno attivare, da subito, un’economia in grado di sostenerne i costi. Ed è per questa ragione che gli enti pubblici, Stato, Regioni e Comuni, dovranno svolgere un ruolo decisivo ridisegnando una nuova politica culturale sul territorio, che non si limiti alla pochezza delle proposte che ho letto in questi giorni da parte del Ministero e di alcuni Comuni. Una politica culturale che metta al centro non tanto l’istituzione culturale con i loro amministratori, ma l’artista, il musicista, la forza creativa. È necessario un vero cambio di paradigma».Come fare in concreto?«Si dovrebbero creare le condizioni per dar vita a nuovi spazi, nuovi contenitori fisici o progettuali dove convogliare le più diverse esperienze artistiche senza soffocarle, come è stato fatto in questi anni, all’interno di mille vincoli legati a bandi, progettualità di sistema, schemi di mercato inadatti al mondo dell’arte».È ottimista in tal senso?«Sì, nonostante tutto sono fiducioso, sento mai come ora dai miei studenti, con i quali svolgo lezioni online, tanto dinamismo e voglia di fare, di partecipare… quel che è certo è che non si potrà ritornare agli schemi del “prima” ma bisognerà reinventare nuove modalità di fare musica, anche in streaming, perché no, ma coinvolgendo direttamente gli artisti, i filosofi, i musicisti altrimenti nascono gesti di pura propaganda, senza un pensiero a sostenerli».
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