La Lega di lotta torna in strada. A distanza di una settimana dalla protesta messa in atto ai caselli autostradali contro gli aumenti tariffari, il Carroccio ha mobilitato nuovamente i propri militanti e simpatizzanti.Questa volta, per chiedere lo stop a ogni intervento normativo sulle carceri che attenui le pene o, peggio, «svuoti» le galere italiane troppo affollate.Ieri mattina, sotto una pioggia incessante e fredda, una cinquantina di leghisti si sono radunati davanti ai cancelli
del Bassone. Striscioni, bandiere con il Sole delle Alpi, un paio di cartelli, qualche momento di tensione con un parente di un detenuto: nulla è mancato del tradizionale corredo delle manifestazioni di piazza.Nemmeno il piccolo megafono a batteria, spuntato fuori dalla selva di ombrelli e giacconi impermeabili per i brevi comizi conclusivi del deputato Nicola Molteni e del consigliere regionale Dario Bianchi. I discorsi dei due esponenti di punta della Lega comasca si sono sviluppati a metà tra la mobilitazione identitaria e la protesta politica,Non sono passati infatti inosservati gli attacchi al Movimento 5 Stelle e il richiamo ai propri elettori a tornare alla base. «Molti hanno votato Grillo sperando in un cambiamento – ha detto Dario Bianchi – ma adesso si rendono conto che è stato un errore».Molteni ha insistito in modo analogo sulla «forza della Lega e sul radicamento del movimento nel territorio», ma ha anche toccato i punti nodali della manifestazione, ovvero il no al decreto cosiddetto “svuotacarceri”.«Il governicchio di Letta e Alfano vuole mettere in libertà migliaia di delinquenti – ha urlato il parlamentare del Carroccio nel megafono – Soltanto noi ci opponiamo a una simile scelta sciagurata».Secondo Molteni, lo “svuotacarceri” metterebbe in discussione «alcuni tra i principi giuridici fondamentali di uno Stato di diritto, ovvero la sicurezza dei cittadini e la certezza della pena».Per risolvere il problema dell’affollamento, ha concluso il deputato comasco, «bisogna ristrutturare e riaprire le 38 carceri oggi inutilizzate».
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