Il retroscena che potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale nella successiva confessione del marocchino accusato dell’omicidio del bosco, tra Lomazzo e Cadorago, è avvenuto all’alba del 25 settembre. Un connazionale di 30 anni sarebbe entrato nella tenda dove la donna, 48 anni, giaceva senza vita, trovandosi di fronte al suo presunto assassino. «Dorme, dorme», l’avrebbe tranquillizzato allontanandolo. Il 30enne, non convinto, sarebbe poi tornato più tardi, nel pomeriggio, nella tenda. Scoprendo che la donna non dormiva affatto. Spaventato, sarebbe corso dai carabinieri della stazione di Lomazzo per raccontare quello che aveva visto e portare i militari sul punto dell’omicidio. Sarebbe lui, insomma, il super-testimone del delitto. I carabinieri sarebbero giunti nel bosco nel momento in cui, da Milano, anche gli agenti della polizia locale meneghina stavano conducendo il sospettato – che nel frattempo, fermato per un controllo, aveva confessato – nel punto in cui si trovava la tenda. Insomma, l’ipotesi della Procura di Como è che il sospettato sapeva di essere stato scoperto dal connazionale e per questo, una volta fermato dai vigili – pensando di essere braccato – avrebbe confessato tutto senza indugio. Questa, tuttavia, è solo una ipotesi per ora sul banco in una indagine che è solo all’inizio e che nelle prossime ore aggiungerà al fascicolo l’esito dell’autopsia e le parole che il marocchino – assistito dall’avvocato Amanda Gugliotta del foro di Busto – dirà eventualmente al gip.
Ulteriori dettagli sul delitto del bosco sul Corriere di Como del 27 settembre
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