da una novantina di capolavori, in una carrellata di grande valore didattico utile anche per comprendere l’evoluzione della pittura di paesaggio, rurale e urbano, tra il 1830 e il 1915 con le conseguenti implicazioni sulla società. Non solo paesaggi quindi, ma anche scene di vita quotidiana. Ci s’immerge ad esempio nell’ambiente cittadino ottocentesco attraverso suggestive vedute di Lugano e Milano. Una città che diventa moderna con l’arrivo della ferrovia, dell’industria è ad esempio la metropoli lombarda nell’opera di Mosè Bianchi che con “Corso di Porta Ticinese” tratteggia i contorni di una città fumosa e brulicante di vita, mentre con “Lavandaie” dà un ritratto del proletariato femminile in un paesaggio che conserva ancora cadenze bucoliche. In molti altri quadri spicca la denuncia sociale, come in “Alveare” di Luigi Rossi, “Ritorno dal lavoro” e “L’abbruttito” di Pietro Chiesa e ”Venduta!” di Angelo Morbelli, purtroppo attualissimo in qualità di cronaca della prostituzione minorile.Accanto alla trasfigurazione della città, scorrono i paesaggi della campagna ticinese e lombarda. Profondi mutamenti stilistici stravolgono l’arte del XIX secolo: una diversificazione di linguaggi che spazia da influenze scapigliate a ricerche veriste per approdare al Divisionismo e aprire una finestra sulla prima fase del Novecento con le opere prefuturiste di Umberto Boccioni. Orari: da martedì a venerdì 9-12 e 14-18; sabato, domenica e festivi 10-12 e 14-18. Ingresso 8,70/6,50 euro.
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