Categories: Cultura e spettacoli

Paolo Rosselli: «Como è un museo all’aperto da tutelare al meglio»

Il fotografo e architetto milanese Paolo Rosselli, nipote del padre del Pirellone meneghino Gio Ponti di cui cura l’archivio, e autore insieme con Salvatore Licitra della piccola guida Gio Ponti e Milano (Quodlibet), nel 2003 nell’ambito delle manifestazioni ufficiali “Gt04”, il centenario della nascita di Giuseppe Terragni, ha realizzato la grande campagna fotografica per documentare l’opera del grande architetto razionalista che proprio a Como ha lasciato gran parte della sua opera costruita.Il risultato dei suoi sforzi è nel sontuoso volume Atlante Terragni edito da Skira, progetto editoriale in cui l’opera del maestro, ormai ampiamente storicizzata e analizzata negli ultimi decenni, diventa invece un’occasione di riflessione contemporanea sul valore attivo di un corpus architettonico ancora ricco di spunti e stimoli concettuali e progettuali.«Como è un museo all’aperto dell’architettura del ’900, con capolavori che vanno tutelati al meglio», dice Paolo Rosselli, e insiste su un’opera di Terragni che gli sta molto a cuore e cui ha dedicato una settimana di scatti fotografici per l’evento del 2004. «In particolare credo che l’Asilo Sant Elia sia uno dei capolavori del ’900, per l’Italia e il mondo intero. E i cittadini di Como, senza distinzione, dovrebbero esserne consapevoli oltre che fieri. Ogni anno, centinaia di persone attraversano gli oceani Atlantico e Pacifico spendendo ore in aereo per vederlo dal vero. Ci sarà pure una ragione per questo curioso pellegrinaggio?».Rosselli ha seguito le discussioni sui restauri dell’asilo intitolato a Sant’Elia ed approva la petizione lanciata da Attilio Terragni, pronipote del grande Giuseppe Terragni, per la tutela del monumento.«Avendo fotografato l’Asilo Sant Elia nel 2003 per il centenario di Giuseppe Terragni – dice Rosselli – avevo apprezzato lo stato generale di conservazione di questa architettura,  tra l’altro usata ancora oggi come asilo, cosa questa non proprio scontata. Oggi, a distanza di 15 anni, penso che non sia lecito intervenire su un’opera di questa importanza come se si trattasse di un edificio qualsiasi. I necessari restauri devono essere condotti da persone che ne riconoscono il valore: così i colori dei bagni dei bambini devono essere quelli decisi da G. Terragni; e le finestre, i mobili, le pareti scorrevoli, le maniglie devono rimanere esattamente come sono state pensate e realizzate da questo genio del ’900. Ricordo che mentre lavoravo visitatori provenienti dal Giappone bussavano alla porta per potere visitare l’Asilo; pur non avendo alcuna autorizzazione per farli entrare alla fine  non mi sentivo di lasciarli fuori, nel caldo torrido del 2003. Insomma questo è il “peso” da sopportare quando si hanno dei capolavori come questi in una città come Como; ma anche a Milano, Roma, Firenze, Venezia».«In questo caso l’architettura è come un libro – dice Rosselli – non si possono sostituire le parole, gli aggettivi, gli avverbi; quando un libro è scritto deve rimanere quello che è fino nella punteggiatura, altrimenti chi verrà dopo di noi  non avrà modo di comprenderne il valore. E non c’è alcuna differenza tra San Marco a Venezia e l’Asilo Sant’Elia a Como, a parte l’anno di costruzione; e in fondo le migliaia di persone che vengono a vedere il  Cenacolo di Leonardo non sono poi tanto diverse da quelle che desiderano visitare l’Asilo di Giuseppe Terragni ancora funzionante alla perfezione con i bambini, le maestre e le addette alla mensa. Quindi aderisco all’iniziativa che ha sollevato i problemi emersi nel restauro dell’Asilo Sant Elia: questa architettura deve essere riportata alla sua perfezione originaria».

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