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Patelli in missione per salvare gli Inuit: «Vittime della modernità, aiutiamoli»

Un’attivista verde comasca scende in campo a favore di uno dei popoli più bistrattati e soli del pianeta, gli Inuit della Groenlandia.Elisabetta Patelli, una delle anime dell’ambientalismo comasco, partirà il 1° giugno – voli in aereo e poi trasferimenti in elicottero, date le condizioni climatiche proibitive – con il gruppo culturale marchigiano “In Itinere” verso la Groenlandia.«Il mio contributo è a un progetto di solidarietà, andiamo in aiuto di una popolazione che ha vissuto momenti difficilissimi», dice Elisabetta. Obiettivo: fornire pannelli termici per riscaldare la RedHouse, ossia Casa Rossa di Tassilaq, la missione laica di assistenza delle popolazioni Inuit in difficoltà, fondato dall’esploratore bolzanino Robert Peroni, esploratore di fama mondiale che da quasi quarant’anni si batte per la causa di questo popolo.«La Casa Rossa sta per diventare – ha detto ieri Elisabetta Patelli presentando l’iniziativa che la vede in campo in prima persona – una sorta di luogo di accoglienza, un rifugio aperto a tutti dove sperimentare anche forme di economia dolce e sostenibile, nell’ottica di un turismo non invasivo e rispettoso della specificità etnologica e delle risorse naturali del luogo».Originario dell’Alto Adige, dopo numerose spedizioni Peroni ha deciso di trasferirsi nell’isola di Angmassalik, in Groenlandia, dove ha dato vita alla Fondazione La Casa Rossa, un centro di assistenza per giovani Inuit allo sbando o dipendenti da droga e alcol, diventato presto un importante progetto di turismo sostenibile. E ha trovato in Elisabetta Patelli un’entusiasta seguace e testimonial in terra lariana. Che per 12 giorni soggiornerà nella località groenlandese per dare una mano concreta agli Inuit cui gli italiani vengono in soccorso allestendo pannelli solari per impianti di riscaldamento domestici a impatto zero.«Abuso di alcool ed elevato tasso di suicidi sono il flagello che ha devastato questo popolo che chiede aiuto – ha detto ieri Elisabetta Patelli – sono le conseguenze dell’impatto con la modernità di cui sono stati vittime, per gli Inuit è stato l’equivalente di uno shock da bomba atomica. Erano dediti alla caccia e alla pesca, per sopravvivere, per sostentarsi. Ma il divieto di caccia alla foca ha distrutto questo territorio e la sua economia che era basata sulle uniche risorse disponibili. Da allora gli Inuit, che si sono affacciati alla modernità sostanzialmente alla fine del secolo scorso pur essendo stati studiati sotto il profilo etnologico a fine Ottocento, sono gente allo sbando, ma che ha radici antichissime: appartengono allo stesso ceppo degli Indiani d’America. Aiutiamoli».L.M.

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