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Pierpaoli: «Manca un piano strategico per le nostre strutture sportive»

«Le strutture per lo sport nella città di Como sono sottodimensionate, e penso che occorra un piano strategico». Lo dice il presidente dell’ordine degli Architetti di Como Michele Pierpaoli. Che in merito fa un sommario elenco: «La piscina inutilizzata, il palazzetto fuori uso, lo stadio Sinigaglia la cui funzione va vista in un contesto più ampio che è la zona a lago di altissimo pregio. In certi casi, e penso al palazzetto di Muggiò, va valutato con attenzione l’impatto dei costi di aggiornamento strutturale e impiantistico che la specifica situazione comporta. In linea generale, Como merita strutture sportive più adeguate, pensando soprattutto ai principali fruitori, ossia i giovani. Se vogliamo che la città si ripopoli e che i giovani non escano da Como la città deve anche dotarsi di strutture sportive vive e aggiornate: questa è una città che deve mirare a costruire standard alti per la qualità della vita».

Alla luce della vittoria del Como che torna in Serie B e dello stato fatiscente del palazzetto fermo da anni, che il nostro giornale ha documentato, sono parole che pesano. Specie se chi le pronuncia si appresta ad assumere un ruolo rilevante a livello nazionale. Infatti, a seguito delle elezioni che si sono svolte a marzo, Michele Pierpaoli, che è presidente dell’Ordine degli Architetti di Como da sette anni, è stato nominato consigliere nazionale. «Per questo ringrazio i tanti Ordini italiani che hanno voluto darmi fiducia; in qualche misura è stato anche un segno di stima nei confronti dell’Ordine di Como. Dopo 35 anni torna un comasco all’interno del nostro organismo superiore di rappresentanza», dice riferendosi a chi lo ha preceduto quale esponente del Lario nel direttivo nazionale, l’architetto comasco Cesare Coerezza. «So che mi aspetta, insieme agli altri componenti del gruppo che ha vinto le elezioni, un compito non facile nel cercare di migliorare le difficili condizioni in cui la nostra categoria e la nostra disciplina versano da tempo – dice Pierpaoli – Ma dopo quasi trent’anni di esperienza ordinistica penso che se qualcosa di dirimente si possa fare, questo debba inevitabilmente passare dall’organismo di rappresentanza nazionale».

Per disposizione legislativa di incompatibilità viene quindi a cessare la sua carica di presidente dell’Ordine di Como che ha sede da sei anni nel Novocomum di Giuseppe Terragni in via Sinigaglia, davanti allo stadio di Como. Le consultazioni per indicare un successore (in carica però fino a fine anno quando ci saranno le elezioni vere e proprie) sono fissate per domani. Il passaggio da Como a Roma è occasione di un bilancio. Che non può non partire dalle voci più calde in agenda. Il Como è in B. Che ne sarà dello stadio? «Quella del Sinigaglia – dice Pierpaoli – è una questione principalmente urbana. E al Comune che ne è proprietario l’ordine lo ha ribadito da tempo: occorre riflettere con molta attenzione sul ruolo di tutto il comparto evidenziandone l’estremo valore pubblico: l’area dello stadio, con eccezionale originalità, contempla molte anime: quella ricreativa, come luogo di contemplazione e svago, per i turisti ma anche per i comaschi, quella commemorativa, quella sportiva appunto. Ed è un luogo speciale per la storia dell’architettura. E non penso solo ai tesori del Razionalismo ma a quel meraviglioso Neoclassico comasco di cui si parla poco, purtroppo. Insomma è un’area che ha potenzialità eccezionali e su cui è necessario investire per renderla ancora più pienamente di utilizzo pubblico e per rendere il contesto più coerente rispetto alla propria vocazione profonda. Si è persa l’occasione di un ragionamento organico su tutta l’area quando ci si è concentrati sul concorso per i soli giardini. Ed è stato un peccato, perché da un concorso si possono trarre tanti spunti e tante idee, anche per risolvere nodi concreti come la viabilità e i parcheggi che in quella zona sono un punto dolente. Nel chiedere maggiore attenzione sulla zona stadio abbiamo rimarcato però anche la contraddizione insita nell’uso dello stadio limitato a una attività sportiva degnissima come il calcio agonistico ma che si rivela ormai nel tempo anacronistica se posta nel centro della città. E ne avremo la riprova con i problemi logistici e di ordine pubblico di adeguamento nei mesi a venire con il Como che torna nella serie cadetta. Auspichiamo che lo stadio sia al centro di una attività sportiva più quotidiana e orientata a più discipline quindi, che può aggregare anche attività complementari come la ristorazione ma anche attività a carattere culturale. Ne ho parlato recentemente in una conferenza nazionale dedicata alla delicata questione dello stadio Franchi di Pier Luigi Nervi a Firenze: il nostro Sinigaglia si inserisce in maniera importante in un complesso coerente di architettura del ’900 e, considerato peraltro che è vincolato dalla soprintendenza, si dovrà sapere bene agire su un edificio che ha finora subito alterazioni profondissime e che potrebbero essere ridimensionate. Uno stadio, quello di Como, che ha valore per ché al centro di un forte sistema di relazioni importanti, con il paesaggio, con la città, e che riguarda capolavori dell’architettura come il Novocomum o la Casa Giuliani Frigerio di Terragni. Noi come Ordine degli Architetti siamo sempre intervenuti per sollecitare le amministrazioni sul piano metodologico, senza portare soluzioni “pret a porter”. Penso ad esempio alla questione dell’ex Ticosa. Abbiamo cioè sempre auspicato che a Como si costruissero cornici di riferimento, linee strategiche chiare e precise all’interno delle quali inserire coerentemente i contesti urbanistici che richiedono interventi. E lo strumento è il piano di governo del territorio, e il “documento di piano” che ne è uno dei pilastri. È nella cornice di riferimento che occorre esprimere la visione, il più possibile coerente, di quale città vuole essere Como. La revisione generale del Piano del Governo del Territorio di Como da poco operativamente iniziata penso che sarà l’occasione per mettere nero su bianco le strategie urbanistiche della città e spero che si possa aprire con cittadini e organismi un importante tavolo di confronto».A livello nazionale ci sono 150mila architetti. Tanti? «Solo l’11% degli edifici in Italia è stato firmato da architetti – dice Pierpaoli – Siamo tanti ma non troppi, se ci fosse data la possibilità di valorizzare al meglio la professione al servizio del Paese».

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