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«Pirrotta ci disse di spaventarlo. Poi spuntò la pistola e partì un colpo»

(m.pv.) «Dovevamo solo spaventarlo. Ci avevano promesso 3mila euro a testa. Poi è spuntata una pistola e vabbè…». Dietro quel vabbè, pronunciato come se fosse un accidente di percorso, si nasconde un omicidio. Quello di Antonio Caroppa, il 42enne di Paderno d’Adda ucciso con un colpo di pistola la sera del 10 maggio 2012 nel box della propria abitazione in via Roma. Ieri, la Corte d’Assise di Como ha ospitato la seconda udienza del processo che vede imputato Santo Valerio Pirrotta, di Lurago

d’Erba (46 anni), che secondo la tesi dell’accusa accompagnò i due killer materiali del delitto – Fabio Citterio, 47 anni e vicino di casa di Pirrotta, e sua cugina Tiziana Molteni, 55 anni – fuori dalla casa di Caroppa. In aula è stata sentita proprio la Molteni, che come Citterio (e al contrario di Pirrotta) ha scelto il rito Abbreviato la cui prima udienza – in programma per oggi a Lecco – dovrebbe slittare. La donna ieri è stata esaminata e ha ricordato la sera dell’omicidio. «Non dovevamo ucciderlo, dovevamo solo spaventarlo. Questo ci aveva chiesto Pirrotta, perché a suo dire il Caroppa aveva abusato sessualmente della figlia di un suo amico. Io avevo un coltello che avevo comprato in un supermercato dell’Erbese. L’acquisto me l’aveva consigliato proprio Pirrotta, dicendo che era meglio avere il coltello perché non si sapeva quello che poteva succedere».Ed infatti spunta non solo il coltello, ma anche la pistola e il successivo colpo fatale. La versione della Procura sul movente dell’omicidio è però un’altra. Ovvero che l’ex convivente della compagna della vittima, in carcere a Terni e condannato all’ergastolo per un triplice omicidio, abbia voluto vendicarsi del “tradimento” della donna.Per questo avrebbe – tramite un suo sgherro – contattato il Pirrotta, che a sua volta avrebbe assoldato i due cugini brianzoli con cui già in passato aveva avuto “frequentazioni pericolose”.E un elemento, a supposto di tale tesi, l’ha fornito proprio la Molteni, raccontando di avere visto una volta, all’esterno di un bar, proprio il Pirrotta parlare con quello che per la Procura è l’uomo di fiducia dell’ergastolano, descritto come «un mafioso come quelli che si vedono nei film».I carabinieri, sempre al riguardo, avrebbero anche le trascrizioni di un dialogo avvenuto tra l’ex convivente della compagna della vittima e il suo scagnozzo, avvenuto da una finestra del carcere di Terni dove è detenuto.Il tutto poche settimane prima dell’omicidio.Elementi questi che fanno parte di un fascicolo ancora aperto in Procura a Lecco.Tornando a Pirrotta, secondo la tesi dell’accusa il 46enne, che è vicino di casa di Citterio a Lurago d’Erba, più volte avrebbe accompagnato i due cugini nelle loro spedizioni.E, anche in questo caso, è stata la Molteni ad ammettere ieri in aula che una volta «tentarono di entrare in una casa di Costa Masnaga» fingendosi tecnici dell’Asl. Assalto che svanì costringendo alla fuga i malviventi.Nel processo per l’omicidio di Caroppa, ieri, è risuonato anche il nome di Maddalena Calabria, la 39enne di Molteno scomparsa nel maggio del 1993 (quando era domestica in una villa di Oggiono appena svaligiata dai malviventi) poi ritrovata nel 2001 seppellita all’esterno del cimitero di Tavernerio. Luogo in cui il Citterio (è emerso ieri in aula) ai tempi della scomparsa della donna lavorava in quanto «era dipendente del Comune e addetto alle funzioni di operaio cimiteriale». Zona, dunque, che conosceva molto bene. Maddalena, tra l’altro, era amica della Molteni.Ed è stato proprio Pirrotta a collegare la rapina, la scomparsa di Maddalena e la sua morte ai nomi dei due cugini brianzoli.Questo per ricordare a chi lo interrogava, al tempo delle indagini per l’omicidio di Paderno, che in fondo quei due che lo avevano tirato in ballo non erano dei santi, tanto che avevano commesso un delitto in passato.Su questa vicenda, tuttavia, Citterio e la Molteni hanno sempre respinto le accuse, sostenendo di non essere gli artefici né della rapina né della morte di Maddalena. Ed anche ieri, alla domanda nel corso dell’esame, la Molteni non ha risposto: «Dico solo che la conoscevo, di altro non parlo». Anche perché la donna è tutt’ora indagata in un fascicolo ancora aperto.

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