La causa civile è ferma a Milano in Appello dopo due rinvii consecutiviCadde dal cestello di una gru che stava svuotando dalla sabbia, all’interno di un cantiere edile della città di Como. Il giovane operaio, 26 anni (padre di una bimba che allora aveva pochi mesi), assunto il giorno stesso del dramma, finì in coma e morì dopo mesi agonia. L’incidente avvenne l’8 ottobre 2009, il decesso il 1° agosto del 2010. A quasi dieci anni di distanza, con una sentenza penale passata in giudicato e che ha condannato in via definitiva il proprietario della gru, gli installatori della stessa e chi quella gru la stava smontando – senza fissare il cestello da cui l’uomo precipitò – la vicenda non si è ancora conclusa e la famiglia della vittima (moglie, figlia, genitori e fratelli) attendono il risarcimento del danno che era stato quantificato in 1 milione e 130mila euro. Il motivo è da ricercare non solo nelle lentezze della giustizia civile italiana, ma anche nella contemporanea opposizione dell’assicurazione dei condannati (che dovrebbe garantirli), che ha messo una dietro l’altra tutta una serie di clausole che sono state ritenute dal giudice civile di Como, Marco Mancini, non solo «infondate» ma anche «indeterminate nelle locuzioni utilizzate».Già, perché in riva al Lario, la decisione in merito a questa causa è stata presa un anno fa, riconoscendo il diritto al risarcimento del danno dei parenti della vittima («le lesioni sono derivate dal comportamento omissivo di tutti i protagonisti della presente causa») quantificato di 1 milione e 130mila euro (985mila euro, in solido ma con diverse quote di responsabilità, al netto delle provvisionali già versate). Il giudice di Como aveva anche disposto il pagamento di ulteriori 525mila euro a favore dell’Inail per il rimborso delle prestazioni previdenziali, e altri 36mila euro di spese legali per un totale superiore al milione e mezzo di euro.La vicenda è stata però impugnata di fronte ai giudici dell’Appello con prima udienza per il 5 febbraio 2019. Quel giorno arrivò un rinvio per difetto di notifica, cosa che si era ripetuta il 21 maggio di quest’anno con un nuovo rinvio – sempre per problemi di notifica – al mese di novembre. Insomma, quando le parti si troveranno di nuovo di fronte, con ancora il giudizio di secondo grado civile pendente (i parenti della vittima saranno rappresentati dai legali Fulvio Anzaldo, Cristiano Sampietro e Daniela Vigliotti), saranno passati oltre 10 anni dall’infortunio mortale che causò, sempre secondo il giudice di Como, «uno sconvolgimento» della vita familiare tra i parenti della vittima anche in seguito alla lunga sofferenza dei 10 mesi di coma. Una tragedia che ha dei responsabili ma ancora alcun risarcimento.
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