«Nessun sistema criminoso» e impianto accusatorio «tranciato».È un coro unanime quello delle difese dopo la lettura della sentenza di primo grado. I primi a parlare sono i legali del principale imputato, Pietro Gilardoni. «Rileviamo come sia stato abbattuto radicalmente il fantasma che è stato fatto aleggiare su questo processo, secondo il quale i dirigenti e i politici comaschi avrebbero creato un “sistema criminoso” finalizzato alla realizzazione di “logiche privatistiche” di cui Gilardoni sarebbe stato uno dei perni principali – dicono Edoardo Pacia e Luisa Scarrone – Già il dispositivo della sentenza evidenzia che i quindici capi di imputazione che gli venivano contestati si sono risolti in una condanna solo per cinque, su tre episodi scissi tra di loro. La richiesta di pena per Gilardoni è stata di nove anni e mezzo di reclusione e ne sono stati applicati quattro. Le stesse “proporzioni” sono ravvisabili anche rispetto agli altri imputati: molti assolti e, per quelli condannati, pene tranciate». Si andrà comunque in Appello: «Non ha commesso nemmeno i reati per cui è stato condannato. Tanto meno quello di corruzione per aver accettato un lavoro che nulla c’entrava con il suo ruolo in Comune».A parlare per Mario Lucini è il legale Ernesto Lanni: «I 6 capi di imputazione tutti altrettanto gravi sono stati ridotti a 3 e gli altri 3 eliminati con assoluzione piena. C’è un ridimensionamento anche per la condanna rispetto a quanto chiesto dall’accusa. È pur sempre una condanna e questo ci costringe a fare Appello». «C’è ampia soddisfazione per i capi relativi al processo paratie, quello che era il cuore di questa lunga vicenda giudiziaria – dice Elisabetta Di Matteo, avvocato di Antonio Viola – Sull’aspetto corruttivo di Salita Peltrera attendo le motivazioni perché ritengo che avevamo dimostrato l’esclusione di una corruzione diretta e le motivazioni ci aiuteranno ad appellare la sentenza. Il quadro generale è che il cuore del processo ha perso il suo effetto. Eravamo qui prevalentemente per le paratie e il cosiddetto “scandalo muro”. Il collegio ha avuto la forza di proporre una soluzione corretta e la soddisfazione per gli amministratori deve essere massima». Giuseppe Sassi rappresentava Antonio Ferro e Stefano Bruni: «La sentenza pare abbia smontato quella che era la prospettazione accusatoria assolvendo per gran parte dei reati quasi tutti gli imputati. Per Bruni è stata dichiarata la prescrizione ma non c’era possibilità di fare diversamente. La posizione di Ferro è emersa nella sua reale dimensione perché è stato assolto per quasi tutti i reati».«Il dato fondamentale è che il Comune di Como non era retto da un’associazione a delinquere – conclude Walter Gatti, legale di Ferro – A Palazzo Cernezzi non c’era un’associazione a delinquere». Conclude l’ex sindaco Stefano Bruni: «La prescrizione non mi piace però va bene. Se è prescritto è prescritto. Erano presunti reati non commessi da me per atti non commessi da me».
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