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Prostitute al lavoro nel residence di via Carso. Gli imputati patteggiano

Sette anni in tutto per i quattro davanti al giudice Immobile dissequestrato

(m.pv.) Tre patteggiamenti a due anni di pena, con la sospensione condizionale della pena, e uno a undici mesi.Accordo raggiunto con il via libera del pubblico ministero e la garanzia di veder togliere i sigilli allo stabile di via Carso, che era sotto sequestro praticamente dal giorno del blitz anti prostituzione portato a termine dalla guardia di finanza, nel maggio del 2011. È questa la conclusione raggiunta ieri mattina di fronte al giudice dell’udienza preliminare di Como, Francesco

Angiolini, con presenti i legali delle parti, ovvero gli avvocati Davide Giudici, Ilvo Tolu e Marco Sangalli. A scegliere la via del patteggiamento a due anni sono stati la 76enne di Como Elsa Pircher, amministratrice unica del residence e proprietaria del 50% delle quote, il figlio Giorgio Rebai, 50 anni di Como, detentore dell’altro 50% di quote della società che gestiva il residence, e Giuseppe Giani, 67enne di San Fermo, gestore della struttura. Tutti dovevano rispondere alle accuse di favoreggiamento ed esercizio di una casa di prostituzione.L’ultimo imputato, Alberto Gazzi, 47 anni di Lecco, ha invece patteggiato undici mesi di pena per aver favorito la prostituzione di una sola donna, una romena, dopo aver preso contatti con il residence. Nei patteggiamenti, come detto, è anche rientrato il dissequestro dei 15 mini appartamenti del “Residence via Carso” chiusi praticamente da due anni e mezzo.I monolocali della struttura, secondo quanto fu accertato dagli uomini delle fiamme gialle (e secondo quanto si leggeva nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Como), venivano «concessi in locazione a scopo di esercizio della prostituzione di un numero imprecisato, comunque notevole, di donne e transessuali» in un periodo compreso tra il 2004 e il maggio 2011. Prostitute che avevano, tra l’altro, un giro altrettanto ampio di clienti, che nel solo tempo di osservazione (un mese e mezzo di immagini riprese da telecamere nascoste installate nel residence) fu quantificato in oltre 350. Inoltre, sempre secondo la tesi accusatoria, i gestori degli appartamenti del residence fornivano «assistenza logistica» e «organizzavano i trasferimenti da e verso» i locali. Tesi che tuttavia gli indagati e i loro avvocati hanno sempre combattuto con vigore, sostenendo di avere semplicemente affittato a dei clienti gli appartamenti in cui non sapevano che attività si svolgesse. Una storia che si è chiusa ieri con i quattro patteggiamenti. Nelle indagini, in un primo momento, erano finiti anche un 76enne di Como e un 65enne di Briosco, proprietari di altri due locali in quel di via Carso. Posizioni che poi vennero archiviate, perché secondo la Procura i due indagati non erano a conoscenza di quanto avveniva all’interno dei locali di loro proprietà che erano stati affidati a coppie di coniugi la cui attività non era nota. E per questo, la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero fu accolta.

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