Quando Alberto Arbasino elogiava Parini e Manzoni

Nella sua raccolta di saggi e annotazioni come sempre magmatica e rapsodica dal titoloRitratti e immaginiedita da Adelphi nel 2016, Alberto Arbasino, scomparso lo scorso 22 marzo a 90 anni, offriva un’ampia sintesi dei suoi interessi letterari e artistici con una galleria di meraviglie barocche fatta di personaggi del passato che meritano di non scomparire nell’oblio o nel grigiore del virtuale. Accanto a tanti intellettuali, artisti e scrittori stranieri – Aldous Huxley, Walter Benjamin, Albert Camus, D.H. Lawrence, Béla Bartók – da non mancare sono le definizioni che lo scrittore di Vigevano regala di autori legati al Lario. Alessandro Manzoni e Giuseppe Parini sono interpretati anche attraverso le parole di un altro grande lombardo (e brianzolo di adozione) come Carlo Emilio Gadda. Manzoni per Arbasino «non sbaglia un colpo» nel ritrarre personaggi che ancora oggi sono tipi umani utili a interpretare la realtà che ci circonda, come Don Abbondio, Don Ferrante e Don Rodrigo, che è la quintessenza della «violenza italiana». Da non dimenticare in Manzoni, per Arbasino, l’abilità nel raccontare «con esattezza cortei sediziosi nel centro di Milano e assalti di negozi e scontri con le forze dell’ordine e spiate di “indiziari” e processi sommari».Del nostro abate Parini (nella foto, il ritratto del poeta firmato da Martino Knoller conservato nelle Civiche Raccolte Storiche del Museo di Milano) invece Arbasino disegna un caleidoscopico ritratto tra mitologia e poesia che regala irresistibili definizioni. Come quella relativa allaNottepariniana, «capolavoro della classicità rococò in punta di forchetta» che è anche «un ricevimento fra i più strepitosi e divertenti della letteratura europea».