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Quante pagine lariane nell’eredità di Calasso

Ha insegnato agli italiani “come ordinare una biblioteca” (titolo di uno dei suoi saggi più recenti), e come costruirla e abitarla con libri raffinati e arguti.Anche la cultura comasca è in lutto per la scomparsa del fondatore della casa editrice Adelphi, lo scrittore e saggista Roberto Calasso. Tanti gli autori che vengono in mente scorrendo mentalmente la collezione nata e custodita in via San Giovanni sul Muro 14 a Milano. Libri nati come voleva il cofondatore Bobi Bazlen per il puro piacere di farli e poi di leggerli e diffonderli nel tempo, autonomi sempre rispetto a mode e tendenze e per questo autorevoli al punto di fondarne di nuove: come dimenticare l’Insostenibile leggerezza dell’esseredi Milan Kundera,L’imitatore di vocidi Thomas Bernhard,Il silenzio del corpodi Guido Ceronetti (il suo archivio è alla Biblioteca Cantonale di Lugano), e poi l’opera omnia di Georges Simenon ancora da completare, quella di Jorge Luis Borges, tutta la biblioteca filosofica con gli scritti di Emanuele Severino?Ma, come detto, nel mare magnum di Adelphi grazie a Roberto Calasso molte pagine hanno avuto e avranno sigillo e origine lariani.Anche lo scrittore Plinio il Vecchio è tra le fonti del celebreLe nozze di Cadmo e Armonia, uno dei saggi dedicati ai miti e ai personaggi del mondo antico di maggior successo di Calasso. Lo cita infatti quando si dilunga sul tema delle corone commemorative, utilizzate per celebrare dei e Lari, statue e anche sposi e vincitori in agoni sportivi, poeti e guerrieri. «E Cleopatra pensò anche, un giorno, di avvelenare Antonio con i petali di una corona», scrive Calasso con la sua arguzia erudita.Della sua creatura, la casa editrice Adelphi, fu a lungo consulente editoriale il maggior narratore comasco del XX secolo, Giuseppe Pontiggia, che per l’editrice di Calasso firmò la raccolta di saggi e divagazioni Il giardino delle Esperidi e quella mirabile raccolta di sperimentazione narrative che fu L’arte della fuga.Adelphi pubblicò per la cura di Mino Gabriele e ha tuttora in catalogo nella collana dei classici e anche nella popolare “Gli Adelphi” gliEmblematadel 1531 del giurista e umanista comasco Andrea Alciato, enciclopedia del sapere simbolico che fece scuola nel mondo per secoli. E poi anche in tal caso prima nei “classici” e poi nella edizione popolare lo zibaldone dello scrittore e diplomatico comasco di adozione Carlo Dossi, le argute e irriverentiNote azzurre. Molti dei suoi manoscritti sono ancora conservati nella villa del Dosso presso Cardina. Da citare anche i libri di Dante IsellaUn anno degno di essere vissutoche rievoca un incontro con il comasco Carlo Linati e del francesista Giovanni Macchia che nel saggioTra Don Giovanni e Don Rodrigodedica ampie pagine alla vicenda del gesuita comasco vittima dell’Inquisizione padre Gabriele Malagrida, missionario nel Brasile e nel Portogallo del Settecento. Nato a Menaggio nel 1689 e tuttora venerato in Sudamerica per il suo carisma come costruttore di scuole, ospedali e seminari, fu condannato al rogo dall’Inquisizione di Lisbona a 72 anni, nel 1761. Per eresia, impudicizia, «finta santità» e «tentato regicidio».Da citare nel catalogo adephiano anche i tanti titoli di Carlo Emilio Gadda, lariano di adozione nella “sua” Longone al Segrino, e non meno imponente la presenza della vicina svizzera nel catalogo di Adelphi, con grandi autori come Robert Walser e Friedrich Dürrenmatt e soprattutto i libri del premio Nobel che scelse Montagnola presso Lugano come buen retiro, Hermann Hesse: il suoSiddharthaè una colonna della collezione editoriale di Calasso e l’anno prossimo questo straordinario racconto lungo che ha ispirato generazioni di giovani compirà cent’anni. Da citare anche le pagine del sacerdote filologo padre Giovanni Pozzi edite da Adelphi-Ospite nel 2009 a Como delle “Ratti Lectures” dirette da Mario Fortunato, Calasso disse: «Ogni libro è una porta che apre un mondo. I miei sono di fatto narrazioni, sono storie, dove spesso ricorrono gli stessi personaggi, come nel caso del poeta dei Fiori del male cui dedicoLa Folie Baudelaire. È il pregio della letteratura e in particolare del romanzo che è un essere informe, non soggetto a canonizzazione, ed è capace di una perenne metamorfosi. Si pensi ad esempio a Musil, autore di un romanzo d’impianto sostanzialmente “classico” come I turbamenti del giovane Törless e poi di un’opera difficilmente definibile che è il lavoro di tutta la sua vita, L’uomo senza qualità, che ingloba tante forme diverse». E su Baudelaire, aveva detto al nostro giornale presentando la conferenza: «Meglio leggerlo in originale, con un buon dizionario: la sua poesia è una sfida troppo difficile per consigliare questa o quella traduzione. Viene sempre a mancare il timbro dell’originale. Elemento caratterizzante, in un autore che ha scelto di infondere il proprio pensiero nei capillari della lingua francese».E di Carlo Dossi, che amava e di cui a fine anni Dieci aveva sollecitato con forza la riedizione anche in economica delle sue “Note azzurre”, aveva ricordato a Como nel 2009: «È stato l’unico vero eccentrico che abbia avuto la nostra letteratura».

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