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Quartiere Borgo Vico, la mancata “Brera” di Como alberghi, atelier d’arte e un pavé che grida vendetta

In un’atmosfera vintage due piccoli alberghi, bed and breakfast, locali e ristoranti tipici, atelier d’artisti. Borgo Vico vecchia è una mancata “piccola Brera” lariana. Con uno dei pochi pavé sopravvissuti alle spalmate d’asfalto, ma oscenamente crivellato di buche peggio di una pista per il fuoristrada.

Ecco, un quartiere così, in una città lungimirante, verrebbe preservato come un organismo vivo, un gioiello da offrire ai turisti e alle coppie giovani in cerca di nido. Pensiamo a quanto impegno mette Milano ad esempio a tutelare il quartiere Isola, nato in analogo contesto “povero”, grazie alla vicinanza della ferrovia e di grandi fabbriche (là la Pirelli, qui c’erano la Ticosa e le sue sorelle).

Ma non è solo questione di rivalutazione edilizia, anche se è la benvenuta. Di recente un ex luogo di ritrovo della comunità islamica è stato convertito in appartamenti. Ma servono ben altri forti segni: ad esempio la chiusura al traffico, se non permanente almeno nella bella stagione, legata a eventi, mercatini, spettacoli com’era uso un tempo, per la confezione dei quali ci si è tornati a mobilitare. Solo così potrebbe respirare questo mezzo chilometro di case vecchie e colorate, ed essere meta di passeggiate e non solo occasione per svicolare, vanamente, dal traffico dell’asse che porta da viale Masia alla cosiddetta “tangenziale” cittadina . Ma così non è nonostante i tentativi virtuosi del passato, e ora il vecchio borgo rischia di rimanere un fossile. E, complice la lontananza dal centro storico, la bellezza viene sfregiata, nonostante i molti sforzi di chi intraprende, come detto, spesso con successo, attività nei servizi, nell’accoglienza e anche nel segno della cultura.

Qui negli anni Ottanta il “Teatro Cantina Club” di Dino Abba ospitò gli autori dell’editrice Spirali di Armando Verdiglione e, nel 1996, anche Susan Strasberg, attrice del famoso Actor’s Studio di New York. Qui Marco Vido, architetto e dal 2008 solo artista, vive nei mesi freddi e ha riconvertito il suo atelier, ora ad Albate, in bed&breakfast con opere d’arte sulle pareti. «È come un quartiere romantico della vecchia Parigi – dice – ci si conosce tutti. Purtroppo è storicamente scollegato dal resto di Como, un tempo complice il Cosia all’aperto, e la ferrovia che identificava la via come area di transito, di passaggio. Come è oggi. Peccato, con qualche negozio in più potrebbe essere una perla come il suo omologo, il quartiere dei pescatori, Sant’Agostino».

Una vocazione al modello della “smart city” che è maturata negli anni sotto il profilo culturale. Basti pensare alle mostre nello spazio “Borgovico 33” all’ omonimo civico, dal 2002 fino al 2008. Una storia singolare, emblematica delle potenzialità dell’area: nasce dalla riconversione dell’ex chiesa del convento di Santa Caterina a Como. Costruita nel 1634 su basi della fine del ’200, fu seminario diocesano nel 1740, nel 1800 divenne in caserma militare, in seguito acquistata da privati fu cotonificio, magazzino di un droghiere e poi abbandonata. Oggi l’edificio è a disposizione solo per eventi e visite su appuntamento.

Fabrizio Bellanca, artista e grafico, lavora nella via dal 2005: «Quando sono arrivato c’erano diverse gallerie, anzi sono qui grazie a un giovane gallerista che mi ha presentato colui che mi ha affittato l’atelier. Si respirava un’aria di fervore artistico. Ci sono state anche le mitiche serate di “Manifest”, una grande festa che diventava opportunità lavorativa per tutti, dagli esercenti agli artisti che aprivano i loro spazi. Facevano la fila per visitare il mio atelier. Una via che non ha niente da invidiare a Brera».

Ester Negretti, pittrice, ha pure da due anni l’atelier proprio qui: «È un piccolo incanto bohémien nel cuore storico della città, molto amato ma, senza la presa di coscienza dell’amministrazione, non si va da nessuna parte. L’arte è un catalizzatore sociale ma anche una forte leva economica, basta vedere l’interesse che ha mosso su Como in questi giorni l’evento “Dolce & Gabbana”: abbiamo raccolto oltre 200 firme dei cittadini per chiedere ai candidati sindaco dell’ultima tornata elettorale la riqualificazione della via. E in febbraio abbiamo presentato un dettagliato progetto di rilancio in Comune, con tanto di piano di sostenibilità. Già alla precedente giunta era stato chiesto di intitolare parte della via “Largo degli artisti” per identificarla ancor di più. Stiamo aspettando i tempi burocratici per presentare ufficialmente la richiesta di realizzare un grande dipinto sull’edificio di ingresso alla via. Tutti parlano di rilancio, ma manca ancora un segnale forte dal Comune».

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