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Quota 100, a Como presentate 426 domande

I primi dati ufficiali parlano di quasi 70mila richieste in tutta Italia

Molti? Troppi? oppure pochi, meno di quanto era stato previsto? I nuovi dati su “quota 100”, ovvero le richieste di pensionamento di chi ha raggiunto 62 anni di età e ha già accumulato 38 anni di contributi previdenziali, disegnano uno scenario incerto.

In tutto il Paese, fino a ieri, le domande presentate ai Caf sindacali e agli sportelli Inps erano poco meno di 70mila. In Lombardia, quasi 8mila, più precisamente 7.951. Di queste, soltanto 426 nel Comasco. La provincia con il numero più alto è ovviamente Milano, con 2.710 richieste. Seguita da Brescia (994), Bergamo (906), Varese (636) e Pavia (522). Sondrio (157) e Lodi (143) chiudono la graduatoria regionale.

Il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, che aveva promesso in campagna elettorale la cancellazione della Legge Fornero per poi dover ripiegare su una modifica pure limitata nel tempo (la sperimentazione è infatti soltanto triennale), ieri ha rivendicato questi primi risultati dicendosi «orgoglioso» delle circa «70mila adesioni in tutta Italia di cui 7.951 in Lombardia. È un altro risultato di questo governo, per il quale mi sono speso con particolare impegno. Chi ha il sacrosanto diritto di smettere di lavorare può farlo, e lascia spazio a giovani in cerca di lavoro».

In realtà, i numeri sembrano dire qualcosa di diverso, come spiegato peraltro in modo dettagliato dal Corriere della Sera ancora qualche giorno fa in una lunga inchiesta. Quota 100, infatti, sta interessando in modo particolare il pubblico impiego – oltre la metà delle domande – settore in cui il turnover è bloccato. Lo stesso governo giallo-verde ha confermato nella legge di Bilancio 2019 lo stop alle assunzioni negli uffici statali almeno sino alla fine di novembre. Cosa che, in parte, ha deciso pure il servizio sanitario della Regione Lombardia, che garantirà il turnover con percentuali tra il 90% (personale medico e paramedico) e il 70% (amministrativi).

Secondo Salvatore Monteduro, segretario generale della Uil dei Laghi ed esperto di politiche previdenziali, i numeri diffusi ieri «non testimonino una corsa alla pensione anticipata. Non c’è alcuna uscita di massa dai settori produttivi, tranne in parte dal pubblico impiego. La cosa che emerge con nettezza, però, è un’altra: i beneficiari di “quota 100” sono in grande maggioranza uomini, dato che per le donne è più difficile raggiungere la continuità lavorativa e i 38 anni di contributi».

Secondo il segretario della Uil, poi, le nuove regole sembrano non aver risolto nemmeno il problema più sentito nel Nord produttivo, ovvero la possibilità di lasciare il lavoro usurante per chi non ha ancora compiuto 62 anni ma ha già accumulato molto più di 38 anni di contributi. «Chi è entrato giovane in fabbrica deve continuare a lavorare», conclude Monteduro.

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