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Quota 100, a Como soltanto 1.336 domande. La pensione anticipata non “sfonda”

Nelle dichiarazioni degli ultimi giorni, il leader della Lega ha minacciato di rinchiudere nel Palazzo gli esponenti della nuova maggioranza qualora decidessero di abolirla. Quota 100 è stata uno dei punti fermi del programma del Carroccio, qualcosa di irrinunciabile per Matteo Salvini. Una riforma, però, i cui esiti sono stati diversi da quelli attesi. Decisamente inferiori, almeno nei numeri.Lo dimostrano anche i numeri che l’Inps ha appena pubblicato sul suo sito. Le domande presentate in tutta Italia alla data del 6 settembre – comprensive quindi degli insegnanti che hanno lasciato prima dell’inizio del nuovo anno scolastico – sono state 175.955.In Lombardia hanno chiesto di andare in pensione prima dei tempi previsti 22.824 persone, il 12,97% del totale nazionale. Cifra che fa riflettere, dato che nella nostra regione vive un sesto della popolazione nazionale ma anche un quinto della popolazione attiva.Il dato comasco è stato sin qui molto basso: 1.336 domande, il 5,85% di quelle presentate in Lombardia e soltanto lo 0,75% di quelle depositate in tutto il Paese.Oltre a Milano, che in regione è ovviamente la provincia con più domande di pensione anticipata (8.199), Como è preceduta in regione da Bergamo (2.619), Brescia (2.522), Varese (1.822), Monza e Brianza (1.537) e Pavia (1.423). Ultima, come sempre, la provincia di Sondrio, la meno popolosa, dove quota 100 ha fatto registrare soltanto 354 richieste.Il commento dei sindacatiLa lettura di queste cifre, da parte dei dirigenti sindacali comaschi, è abbastanza univoca.«Se consideriamo le aspettative, siamo molto al di sotto – dice Salvatore Monteduro, segretario generale della Uil – tuttavia, pur con numeri limitati, c’è stata per alcuni la possibilità di uscire, di avere uno sbocco. Un fatto importante, soprattutto per chi non ce la faceva più». La Uil prosegue Monteduro, sosterrà in futuro «la prosecuzione di quota 100 che non soltanto deve restare, ma deve essere estesa a chi perde il lavoro e non è più ricollocabile».L’unico, grosso neo di questa riforma, a detta di Monteduro, riguarda le donne. «Sono le più penalizzate – dice – molte di loro non hanno i 38 anni di contributi e l’alternativa di “opzione donna”».Con una spesa inferiore almeno della metà di quanto ipotizzato – 4 miliardi invece di 8 – le possibilità che quota 100 non venga cancellata, al momento, sono concrete.Ma l’idea non piace a tutti. Giacomo Licata, segretario generale della Cgil, sostiene ad esempio che «lo strumento voluto dal governo giallo-verde non ha risposto alle vere esigenze del sistema previdenziale. Tra due anni, al termine del periodo sperimentale, non lo rinnoverei». Licata propone invece due differenti investimenti «prioritari: primo, una pensione di garanzia per i giovani che hanno carriere discontinue e rischiano di non raggiungere la necessaria contribuzione per ottenere un assegno dignitoso; secondo, normative e risorse nuove per favorire l’uscita dei lavoratori con mansioni usuranti». Commentando poi il dato comasco, Licata osserva come «quota 100 non fosse probabilmente la risposta adeguata per una tipologia tipica del nostro territorio, ovvero quella dei lavoratori precoci. Credo che a Como sia stata molto più utilizzata nel pubblico impiego. È un dato che stiamo riscontrando nella scuola, settore nel quale non è stato possibile coprire nemmeno con i precari tutti i posti disponibili».Il responsabile della Cisl dei Laghi, Francesco Diomaiuta, parla di numeri «anche di due terzi inferiori alle aspettative. È difficile dare un giudizio – dice – bisognerebbe capire in quali comparti si sono avute le maggiori o minori uscite, se nel pubblico o nel privato. Una cosa è chiara: la risposta ha spiazzato i proponenti». I motivi, dice ancora Diomaiuta, possono essere diversi: «un maggiore attaccamento al lavoro, la consapevolezza che una pensione bassa non permetta di mantenere un certo tenore di vita, la sensazione del proprio stato di salute. Per una fascia di persone quota 100 è stata utile e necessaria, ma resta una pezza. Il sistema previdenziale deve cambiare in modo strutturale, soprattutto per aiutare i più giovani».

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