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Razionalismo comasco nel patrimonio Unesco. Il pressing di Molteni: «Serve un comitato»

Intoppi per la candidatura(l.m.) Como patrimonio tutelato dall’Unesco grazie al Razionalismo? Calma, il cammino è lungo. L’annuncio dell’iniziativa volta a inserire il capoluogo – qualcuno vorrebbe però l’intero Lario – tra i beni dell’umanità tutelati dall’agenzia Onu per la cultura, in virtù dei tanti monumenti del ’900 ospitati, per molti è certezza già acquisita. La realtà è diversa. In primis, «serve un’apposita commissione a Palazzo Cernezzi, un comitato esecutivo ad hoc». Così lo definisce il consigliere comunale di minoranza Mario Molteni della lista “Per Como”, che ha lanciato per primo l’iniziativa.

«Abbiamo inserito la proposta di candidare Como tra i beni Unesco con un apposito emendamento al documento di previsione programmatico – dice Molteni -Approvato con un solo astenuto dall’assemblea di Palazzo Cernezzi».E adesso? «Serve un comitato esecutivo per muovere tutto l’apparato – incalza Molteni – Abbiamo tutta la documentazione tecnica, elaborata anche grazie a incontri con l’Ordine degli Architetti comasco e altre associazioni. Abbiamo anche in programma di coinvolgere alcuni docenti universitari. Serve però adesso il coinvolgimento dell’istituzione comunale, altrimenti senza quello è difficile muoversi. E un privato non avrebbe altrettanta forza».Da parte sua l’assessore alla Cultura Luigi Cavadini richiama al realismo: «La candidatura all’Unesco impone sia di rispondere a determinati requisiti, sia una verifica capillare della manutenzione dei beni».Non è una faccenda semplice. «In settembre ci muoveremo concretamente con un esperto per una consulenza tecnica sui passi da compiere. Il percorso comunque è molto lungo, e la lista d’attesa di chi vuole ottenere l’inserimento nei beni Unesco è lungo. Inoltre non è il Comune che deve fare la richiesta ufficiale, ma il ministero per i Beni e le Attività Culturali».«Chiederemo presto un incontro con il sindaco Mario Lucini sul tema – annuncia Mario Molteni – Peraltro ci sono due scuole di pensiero. La prima preferirebbe chiedere la certificazione Unesco per un solo monumento, ad esempio la Casa del Fascio, a sua volta da inserire in una rete locale di edifici storici in provincia. L’altra scuola invita invece a creare un’unica rete di beni da presentare all’Unesco. L’importante è muoversi. Per questo facciamo pressing».

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