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Riforma fiscale e accordo Italia-Svizzera: i timori del sindacato

Delega fiscale del Governo Draghi e frontalieri. Il presidente del Consiglio, in conferenza stampa, ha definito la delega come una “scatola” che si ispira a principi e criteri “di carattere generale”. Quindi ancora tutto da costruire nel merito. Ma potrebbero esserci ripercussioni sull’approvazione del Memorandum che definisce la parte italiana della tassazione e i fondi ai Comuni di frontiera?Qualche timore Giuseppe Augurusa, responsabile nazionale dei frontalieri per la Cgil, ce l’ha.«I piani sono due – premette Augurusa – uno è la delega fiscale che si porta dietro tutte le polemiche politiche che sappiamo, e che contiene i principi generali sul fisco, quindi dubito che esistano nel dettaglio misure che riguardano i frontalieri. L’altro piano sono i disegni di legge. E su questo siamo preoccupati».I timori del sindacalista riguardano appunto il Memorandum firmato tra il Governo italiano con i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) e l’Associazione comuni italiani di frontiera (Acif).«Quando lo abbiamo firmato a dicembre dell’anno scorso – spiega Augurusa – lo abbiamo voluto scollegare dalla riforma fiscale, in modo da non rischiare di avere l’approvazione di un trattato con la Svizzera senza gli interventi del nostro Memorandum, pensando che la riforma fosse di là da venire… A questo punto, se l’approvazione va avanti, i provvedimenti potrebbero entrare in vigore».Per ricapitolare, il Memorandum ha messo nero su bianco quattro provvedimenti. L’innalzamento della franchigia da 7.500 a 10mila euro; la revisione del sistema di deduzioni e detrazioni, in particolare il calcolo che riguarda i familiari a carico; la Naspi (indennità di disoccupazione), non più legata ai massimali nazionali ma agli stipendi effettivamente percepiti, che in Svizzera sono più alti. Il quarto provvedimento riguarda indirettamente i frontalieri ed è il sistema della fissazione dei ristorni fiscali. «L’accordo fatto con i Comuni, da quest’anno in poi – precisa Augurusa – fissa un valore dei ristorni pari a quello del 2019 (96 milioni di franchi circa). Il meccanismo prevede il mantenimento di quella cifra per i Comuni e che il gettito extra generato dalle dichiarazioni dei redditi in Italia debba andare ai comuni stessi per progetti sull’area di confine».«Ci auguriamo che questi provvedimenti siano nella riforma – auspica Augurusa – ma da luglio stiamo chiedendo un incontro al Ministero dell’Economia e delle Finanze e non c’è stata risposta, ci è stato comunicato che ci sarebbe, presso il Ministero stesso, un disegno di legge che recepisce quanto scritto nel Memorandum, ma che cosa c’è effettivamente scritto sul quel disegno di legge? Ci piacerebbe vederlo, essendo parte contraente di un accordo, vorremmo leggere come sono state tradotte le richieste».«Inoltre – aggiunge Augurusa – quel tavolo non serve solo a sistemare la questione con la Svizzera ma ad aprire una discussione sullo statuto lavorativo dei frontalieri».Riguardo alle tempistiche Augurusa non è ottimista: «Il Memorandum è la messa a punto di un sistema che entrerà in vigore quando il Parlamento l’approverà, io penso non prima del 2024. Il testo del Trattato internazionale con la Svizzera non può essere modificato, e in Svizzera entro febbraio marzo del 2022 verrà approvato. In Italia, oltre al Trattato, c’è il pezzo di riforme che va fatto dal Parlamento italiano».Un accordo atteso da cinquant’anni e che interessa 70mila frontalieri nel solo Canton Ticino.

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