Sono oltre ottantamila gli studenti comaschi in attesa della prima campanella che dovrebbe suonare la mattina del 14 settembre. Un’attesa che non ha precedenti, tra mille preoccupazioni sul fronte sanitario e pochissime certezze.Beppe Livio, sociologo, formatore e consulente per i sistemi qualità e la responsabilità sociale d’impresa, nonché ex presidente della Provincia di Como, con una serie di numeri e considerazioni mette in evidenza tutta la fragilità dell’attuale organizzazione sanitaria lombarda.Sanità che, con la riforma Maroni del 2015, ha portato allo smantellamento delle Asl e all’accorpamento di un maxi territorio come quello di Como e Varese nell’unica Ats Insubria. Livio ha studiato attentamente le ultime direttive dell’Istituto superiore della sanità dello scorso 21 agosto. Il titolo del documento è inequivocabile: “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi d’infanzia”.«Contiene le indicazioni operative per contenere la pandemia con la ripresa delle scuole di ogni ordine e grado – spiega Livio – In un punto si raccomanda che i Dipartimenti di Prevenzione identifichino figure professionali che in collegamento funzionale con i medici curanti di bambini e studenti supportino la scuola e i medici curanti e che facciano da riferimento per un contatto diretto con il dirigente scolastico e con il medico che ha in carico il paziente».Il referente deve seguire una serie di protocolli fino a valutare la chiusura della classe o della scuola intera. «Peccato che in Lombardia il Dipartimento di Prevenzione non esista – commenta Livio – o, almeno, si chiama in un altro modo (Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria) ed è nelle Ats. Per sapere cosa fa e come è organizzato si può andare sul sito. Bisogna scorrere molto e, molto in fondo, si trova l’organigramma e si scopre che c’è un ufficio anche a Como. Ora, in provincia di Como – dati Ufficio scolastico regionale – vi sono 377 scuole statali, 190 scuole paritarie, 10 Cfp (sono 577 in totale) con 82mila studenti. E andrebbero aggiunti anche gli operatori scolastici» dice ancora Beppe Livio.«La domanda semplice da rivolgere ai responsabili dell’Ats Insubria è: quanti sono gli operatori del Dipartimento Igiene e Prevenzione Sanitaria, delle sedi di Como, che potranno assumere il ruolo di “referenti DdP” per il sistema scolastico comasco e fare ciò che prevede il documento dell’Istituto Superiore della Sanità?».«Io ne ho contati meno di dieci – dice ancora Livio – Uno per più di 50 scuole e 8mila allievi. È gestibile la prevenzione con una dotazione simile?» si chiede ancora il sociologo e formatore.Secondo Livio, la madre di tutti gli errori è da ricercare nella riforma sanitaria, che ha lasciato all’Ats Insubria «struttura eminentemente amministrativa, e non alle Asst che sono le strutture operative» le competenze in tema di prevenzione sanitaria. «È ora di riparare gli errori e rimettere in sesto con risorse e personale sanitario, la sanità del territorio – conclude Livio – Se non lo fa la Regione Lombardia, il ministero della Sanità ha il dovere ed il potere di intervenire».Dall’Ats Insubria intanto spiegano che i contatti con gli istituti scolastici e il Dipartimento per la riapertura sono costanti e sono in corso ormai da diverse settimane. Le direttive per Como, così come per tutta Italia, arriveranno, pare, solo tra il 7 e il 14 settembre, nell’ultima settimana utile, insomma. Ats intanto ha già aperto sul suo sito internet una sezione “Ritorno a scuola” dove attualmente si può scaricare la documentazione per lo screening volontario del personale docente, oltre alle disposizioni relative alla riapertura della ristorazione scolastica. La sezione del sito – assicurano dall’Ats Insubria – verrà arricchita nelle due prossime settimane di tutte le disposizioni ufficiali per la ripresa scolastica in sicurezza.
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