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Sant’Anna, quei corridoi che portano verso il nulla

L’area di via NapoleonaLa futura cittadella sanitaria oggi viaggia a due velocità, tra ambulatori attivi e padiglioni deserti

Lo spartiacque tra la cittadella sanitaria realizzata solo per metà e un futuro quartiere al momento fatto di incognite è nei lunghissimi corridoi che collegano il monoblocco dell’ex ospedale Sant’Anna ai vecchi padiglioni che ospitavano ambulatori e reparti. Camminando lungo questi percorsi si passa – letteralmente – dalla luce al buio, dal caldo al freddo, dagli ambulatori aperti alle porte sbarrate su spazi completamente inutilizzati.Più di tre anni dopo il trasloco del Sant’Anna

da via Napoleona a San Fermo della Battaglia, l’ex ospedale di Como viaggia a due velocità. O, meglio, da una parte viaggia, anche se non proprio a pieno ritmo, dall’altra invece è immobile, bloccato in attesa che qualcosa si muova. La parte che viaggia è racchiusa essenzialmente nel monoblocco e nei poliambulatori che si affacciano su via Napoleona. Sono gli spazi della tanto chiacchierata cittadella sanitaria, utilizzati nella metà destinata all’azienda ospedaliera Sant’Anna, in attesa di essere occupati quelli dell’altro 50%, ovvero la parte riservata all’Asl di Como.Nei sette piani dell’edificio per decenni simbolo dell’ospedale, le attività sanitarie non si sono mai interrotte. Quotidianamente, decine di pazienti raggiungono la struttura per visite, accertamenti diagnostici, esami di laboratorio, prestazioni specialistiche. Negli uffici presta invece servizio il personale amministrativo, in attesa di poter traslocare nella futura palazzina degli uffici a San Fermo della Battaglia. Nelle stanze della ex psichiatria, una struttura a media intensità del dipartimento di salute mentale attiva giorno e notte ha riportato in via Napoleona pazienti e operatori anche nelle ore notturne.Fin qui il Sant’Anna “vivo”. Lo scenario cambia completamente oltrepassando i corridoi di collegamento con i vecchi padiglioni, quelli che ospitavano i reparti di degenza dell’ospedale. La differenza la si percepisce ancora prima di arrivare davanti alle porte sbarrate. I riscaldamenti sono spenti e la temperatura cala drasticamente da un ambiente all’altro. Le luci sono spente. Le voci di pazienti e operatori si fanno via via più lontane fino a sprofondare nel silenzio.Le ex stanze di degenza e studi medici oggi sono perlopiù depositi di materiali vecchi solo in parte – è il caso di decine di sedie accatastate qua e là – destinati ancora a essere riutilizzati. Altri locali sono completamente vuoti. Porte e finestre sono bloccate, riaperte periodicamente solo dalle guardie del servizio di vigilanza, incaricate di garantire la sorveglianza e la sicurezza dell’intero comparto. Le guardie sono presenti 24 ore su 24 e l’intero comparto è sempre presidiato. Un’attività dispendiosa ma indispensabile per evitare che negli edifici possano accedere persone non autorizzate.La polvere ha preso possesso di quelli che erano ambienti sterili. Oggetti accatastati alla rinfusa hanno preso il posto di letti e apparecchiature mediche. Non è difficile, però, ritrovare qualche segno delle vecchie attività: i disegni sui muri della ex pediatria, un avviso per i parenti dei degenti, il cartello con gli orari della mensa.E se l’immagine del passato, seppure sbiadita, è ancora lì, ben impressa nella memoria, sembra invece decisamente più difficile immaginare quale sarà il futuro di questi stessi spazi.I vecchi padiglioni, almeno sulla carta, non rientrano nel progetto della cittadella sanitaria. Sono destinati invece a far parte di un futuro, nuovo quartiere fatto di negozi, uffici e residenze. Il primo passaggio per ridare vita agli edifici abbandonati dovrebbe essere la vendita ai privati dell’area. Al momento, però, tempi e modi sono ancora avvolti nella più totale incertezza.I segni del tempo, nell’attesa, avanzano inesorabilmente. Abbandonati e inutilizzati, gli edifici rischiano inevitabilmente di cadere preda del degrado. Garantire la sorveglianza e la manutenzione ordinaria indispensabile di questo enorme complesso senza più un’anima richiede già uno sforzo titanico. Per evitare il declino l’unica possibilità è l’avvio di un progetto concreto. Che proietti rapidamente l’area di via Napoleona nel futuro. Prossimo.

Anna Campaniello

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