di Adria Bartolich
Su quella che oggi viene considerata la Bibbia dell’istruzione pubblica italiana, cioè Orizzonte scuola, sito ultra aggiornato e sul pezzo per ciò che riguarda tutte le novità, leggi circolari, indiscrezioni e persino pensieri reconditi del ministro di turno, per intenderci quello che ha le informazioni aggiornate persino prima del Miur, è comparso un articolo nel quale veniva riportata la lamentela di un’insegnante che riceveva di continuo comunicazioni dalla scuola sulla chat di Whatsapp.
Così per dire quanto sia diventato assurdo questo mondo, e come si viva nella più completa dissociazione anche raccontandosi qualche balla, all’insegnante veniva fornita un’articolata risposta, formalmente corretta e ineccepibile, nella quale con una serie di argomentazioni si spiegava che in primo luogo le comunicazioni devono seguire i canali ufficiali, (il successo di Orizzonte scuola testimonia esattamente il contrario), secondariamente esiste un diritto alla disconnessione stabilito dal Contratto nazionale di lavoro.
Per cui ovviamente non potevano essere inviate comunicazioni dopo alcune fasce orarie, tanto meno pretendendo una risposta.
In effetti è proprio così. Nella pubblica amministrazione le procedure non sono un’opzione, sono un obbligo. O perlomeno lo erano prima dell’avvento di Internet, social e diavolerie varie.
Fatto sta che, invece, tutte le procedure istituzionali sono saltate; può essere motivo di grande consolazione sapere che è successo non solo in Italia ma anche nel resto del pianeta.
A cominciare dai tweet di Trump, per continuare con le comunicazioni sui Dpcm anticipate alla stampa prima dell’approvazione, a qualsiasi cosa riguardi la vita pubblica o amministrativa, ovunque.
La domanda perciò che ogni persona ragionevole si pone è la seguente: ha senso continuare a normare in modo continuo e sempre più stringente, con una miriade di regolamenti e circolari, che poi diventano Faq (quindi comunicazioni senza nessuno status giuridico) quando sappiamo che la loro possibilità d’applicazione è quasi inesistente?
Bisogna sapere che senza chat e connessione pressoché totale le scuole non sarebbero più in grado di funzionare, perché da lì passano tutte le comunicazioni veloci riguardanti la vita scolastica, dall’interpretazione da dare a norme e indicazioni che arrivano tra capo e collo, alle comunicazioni interne.
Come pensate che possano essere state trasmessi i passaggi da zona arancione a zona gialla deliberati nella notte e nei week end o il cambio orario dalla presenza a quello in didattica mista o a distanza a ragazzi e genitori? Forse il ministro è inconsapevole del diritto alla disconnessione, oppure sa benissimo che ormai funziona così ma non lo ritiene un problema.
Invece lo è, ma potremmo pure accettarlo se almeno venissero riconosciuti gli sforzi che si stanno facendo nelle scuole per garantire il funzionamento del servizio in condizioni pressoché assurde.
di Adria Bartolich
Su quella che oggi viene considerata la Bibbia dell’istruzione pubblica italiana, cioè Orizzonte scuola, sito ultra aggiornato e sul pezzo per ciò che riguarda tutte le novità, leggi circolari, indiscrezioni e persino pensieri reconditi del ministro di turno, per intenderci quello che ha le informazioni aggiornate persino prima del Miur, è comparso un articolo nel quale veniva riportata la lamentela di un’insegnante che riceveva di continuo comunicazioni dalla scuola sulla chat di Whatsapp.
Così per dire quanto sia diventato assurdo questo mondo, e come si viva nella più completa dissociazione anche raccontandosi qualche balla, all’insegnante veniva fornita un’articolata risposta, formalmente corretta e ineccepibile, nella quale con una serie di argomentazioni si spiegava che in primo luogo le comunicazioni devono seguire i canali ufficiali, (il successo di Orizzonte scuola testimonia esattamente il contrario), secondariamente esiste un diritto alla disconnessione stabilito dal Contratto nazionale di lavoro.
Per cui ovviamente non potevano essere inviate comunicazioni dopo alcune fasce orarie, tanto meno pretendendo una risposta.
In effetti è proprio così. Nella pubblica amministrazione le procedure non sono un’opzione, sono un obbligo. O perlomeno lo erano prima dell’avvento di Internet, social e diavolerie varie.
Fatto sta che, invece, tutte le procedure istituzionali sono saltate; può essere motivo di grande consolazione sapere che è successo non solo in Italia ma anche nel resto del pianeta.
A cominciare dai tweet di Trump, per continuare con le comunicazioni sui Dpcm anticipate alla stampa prima dell’approvazione, a qualsiasi cosa riguardi la vita pubblica o amministrativa, ovunque.
La domanda perciò che ogni persona ragionevole si pone è la seguente: ha senso continuare a normare in modo continuo e sempre più stringente, con una miriade di regolamenti e circolari, che poi diventano Faq (quindi comunicazioni senza nessuno status giuridico) quando sappiamo che la loro possibilità d’applicazione è quasi inesistente?
Bisogna sapere che senza chat e connessione pressoché totale le scuole non sarebbero più in grado di funzionare, perché da lì passano tutte le comunicazioni veloci riguardanti la vita scolastica, dall’interpretazione da dare a norme e indicazioni che arrivano tra capo e collo, alle comunicazioni interne.
Come pensate che possano essere state trasmessi i passaggi da zona arancione a zona gialla deliberati nella notte e nei week end o il cambio orario dalla presenza a quello in didattica mista o a distanza a ragazzi e genitori? Forse il ministro è inconsapevole del diritto alla disconnessione, oppure sa benissimo che ormai funziona così ma non lo ritiene un problema.
Invece lo è, ma potremmo pure accettarlo se almeno venissero riconosciuti gli sforzi che si stanno facendo nelle scuole per garantire il funzionamento del servizio in condizioni pressoché assurde.
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