di Giorgio Civati
È vero, da un anno ormai tutto sembra passare in secondo piano. C’è la pandemia, con i risvolti pesantissimi non solo dal punto di vista sanitario. La conta dei decessi è senza fine, e intanto l’economia è in ginocchio, anche a Como. Forse a Como, che di tessile e turismo viveva, più che altrove e ora chissà.
E, però, c’è anche dell’altro. Minuscolo, marginale, ma comunque significativo. Anche e proprio per Como, pressata da mille problemi locali che si aggiungo a quelli nazionali e mondiali, con in più delle questioni minime che però potrebbero essere rappresentative di una carenza più ampia, di un vuoto di questo nostro territorio e forse anche di noi che lo viviamo.
Qualche giorno fa, per esempio, su queste stesse colonne si è scritto della Ticosa: non come incompiuta per decenni e nemmeno come area su cui forse si gioca un pezzo del futuro della convalle, ma come parcheggio abusivo di cui qualcuno, parecchi per la verità, ha ripreso possesso. Niente di stratosferico: c’era qualche pezzo di rete a vietarne l’accesso, l’incuria o il tempo o magari anche solo il maltempo hanno aperto un varco. E le auto sono tornare lì, in Ticosa.
Il problema, però, è che, sollevata la questione da un giornale, questo giornale per la precisione, subito si è intervenuti. Solerti, rapidi, attenti? Diremmo il contrario: distratti, come minimo.
Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con i ruderi dell’ex tintostamperia sa benissimo che sono evidentissimi, a fianco di una delle arterie più trafficate di Como. Eppure perché si intervenisse è stato necessario un articolo su un giornale.
Ma davvero tra qualche decina di amministratori pubblici, qualche centinaio di dirigenti e addetti del municipio, altrettante centinaia di vigili urbani e forze dell’ordine impiegate in città nessuno se ne è mai accorto? E qualche comune cittadino, la famosa e famigerata “gente”, avrà segnalato la cosa?
Chiaro che non è roba da sindaco, né da questore o prefetto. Bastava se ne accorgesse un rappresentante delle forze dell’ordine oppure un impiegato del Comune. Ma non è successo. Tutti distratti? Forse, ma tutte queste cose messe insieme danno una brutta immagine di una città, e anche della sua gente. Quindi di tutti noi.
Stabilire regole che poi non vengono fatte rispettare è l’inizio della decadenza, dai posteggi in Ticosa alle strade sporche e ai vandalismi di tutto quanto è pubblico perché tanto è di nessuno, fino a questioni più grandi e più gravi. Probabilmente la stessa mentalità è quella che ha permesso che il viadotto dei Lavatoi fosse costruito talmente male da obbligare a un intervento radicale dopo nemmeno vent’anni.
O magari è lo stesso atteggiamento che induce a sottovalutare i rischi di contagio e a infrangere non solo le regole sanitarie ma anche quelle del buonsenso contro il virus terribile che ci minaccia.
Il Covid resta insomma il problema principale di questo nostro disgraziato periodo, ma guardando ad altro, anche a Como, non c’è da stare sereni nemmeno per le piccole cose.
di Giorgio Civati
È vero, da un anno ormai tutto sembra passare in secondo piano. C’è la pandemia, con i risvolti pesantissimi non solo dal punto di vista sanitario. La conta dei decessi è senza fine, e intanto l’economia è in ginocchio, anche a Como. Forse a Como, che di tessile e turismo viveva, più che altrove e ora chissà.
E, però, c’è anche dell’altro. Minuscolo, marginale, ma comunque significativo. Anche e proprio per Como, pressata da mille problemi locali che si aggiungo a quelli nazionali e mondiali, con in più delle questioni minime che però potrebbero essere rappresentative di una carenza più ampia, di un vuoto di questo nostro territorio e forse anche di noi che lo viviamo.
Qualche giorno fa, per esempio, su queste stesse colonne si è scritto della Ticosa: non come incompiuta per decenni e nemmeno come area su cui forse si gioca un pezzo del futuro della convalle, ma come parcheggio abusivo di cui qualcuno, parecchi per la verità, ha ripreso possesso. Niente di stratosferico: c’era qualche pezzo di rete a vietarne l’accesso, l’incuria o il tempo o magari anche solo il maltempo hanno aperto un varco. E le auto sono tornare lì, in Ticosa.
Il problema, però, è che, sollevata la questione da un giornale, questo giornale per la precisione, subito si è intervenuti. Solerti, rapidi, attenti? Diremmo il contrario: distratti, come minimo.
Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con i ruderi dell’ex tintostamperia sa benissimo che sono evidentissimi, a fianco di una delle arterie più trafficate di Como. Eppure perché si intervenisse è stato necessario un articolo su un giornale.
Ma davvero tra qualche decina di amministratori pubblici, qualche centinaio di dirigenti e addetti del municipio, altrettante centinaia di vigili urbani e forze dell’ordine impiegate in città nessuno se ne è mai accorto? E qualche comune cittadino, la famosa e famigerata “gente”, avrà segnalato la cosa?
Chiaro che non è roba da sindaco, né da questore o prefetto. Bastava se ne accorgesse un rappresentante delle forze dell’ordine oppure un impiegato del Comune. Ma non è successo. Tutti distratti? Forse, ma tutte queste cose messe insieme danno una brutta immagine di una città, e anche della sua gente. Quindi di tutti noi.
Stabilire regole che poi non vengono fatte rispettare è l’inizio della decadenza, dai posteggi in Ticosa alle strade sporche e ai vandalismi di tutto quanto è pubblico perché tanto è di nessuno, fino a questioni più grandi e più gravi. Probabilmente la stessa mentalità è quella che ha permesso che il viadotto dei Lavatoi fosse costruito talmente male da obbligare a un intervento radicale dopo nemmeno vent’anni.
O magari è lo stesso atteggiamento che induce a sottovalutare i rischi di contagio e a infrangere non solo le regole sanitarie ma anche quelle del buonsenso contro il virus terribile che ci minaccia.
Il Covid resta insomma il problema principale di questo nostro disgraziato periodo, ma guardando ad altro, anche a Como, non c’è da stare sereni nemmeno per le piccole cose.
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