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di Giorgio Civati
È uno strano momento, questo, per il made in Como della seta. Il distretto tessile, infatti, vive al suo interno situazioni estremamente contrastanti, mentre anche dall’esterno i segnali sono differenti, poco interpretabili.
Lo scorso anno, per esempio, il primo semestre è andato benino ma nella seconda parte del periodo le cose sono peggiorate: ordini, fatturati e margini in calo. E l’esercizio in corso? L’Osservatorio del settore di Intesa San Paolo parla di lenta ripresa, una sintesi che contiene realtà molto diverse.
La prima distinzione che va fatta riguarda tessuti stampati e jacquard. Buona situazione, forse ottima, nel primo caso; decisamente peggiore nel secondo. I big delle passerelle stanno puntando con decisione sugli stampati e realtà locali come Ratti e Mantero, ma anche aziende più piccole, vengono da mesi positivi, con prospettive future altrettanto buone.
Non basta però per affermare che va tutto bene. E non basta perché a Como e dintorni non va affatto tutto bene. Tessiture e tintorie di filati, per esempio, vengono da dodici mesi difficili, con una situazione attuale ancora di estrema cautela. Con la sua profondissima crisi, l’ingresso di un nuovo socio finanziario e scarse certezze sulla strada intrapresa, Canepa è motivo di grande preoccupazione. Per i dipendenti innanzitutto ma anche per fornitori e terzisti e per l’intero comparto.
Insomma, la crisi c’è anche se non generalizzata. Colpa delle mode? Di un certo disinteresse degli stilisti verso i bei tessuti? Di una concorrenza internazionale sempre più agguerrita? Probabilmente di tutto questo e altro ancora, in un mondo – quello dell’abbigliamento – che è profondamente cambiato in qualche decennio. Il distretto serico per esempio utilizza sempre meno seta; una contraddizione apparente, eppure comprensibile visto che la seta costa molto, si lava e si stira con più difficoltà di altre fibre, ha perso un po’ di fascino a favore delle cosiddette fibre tecnologiche o innovative.
Aggiungiamoci che l’abbigliamento formale è in calo progressivo da decenni, che il tailleur o l’abito o ancora gonna e camicia sono indossate sempre meno frequentemente ed ecco un’altra spiegazione delle molte difficoltà di chi produce tessuti.
Tra incertezze politiche, pressioni fiscali sempre altissime, alti e bassi della moda e crisi varie, una considerazione di fondo però non può mancare. Chi ha un po’ di memoria storica ricorderà per esempio che, verso la fine degli anni Novanta del secolo scorso, la Cina per precise scelte di politica economica esportava filati di seta più costosi del relativo prodotto finito. Per essere chiari, un chilo di camicette di seta made in Cina costava meno di un chilo di filo di seta. E Como, che è sopravvissuta a quel periodo e a molti altri momenti difficili, supererà, oltre al 2018, anche un 2019 positivo solo per alcuni e difficile per molti.
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