UFFICIALE INPS: addio alla pensione minima | “Se non ti sei dato da fare, muori di fame”: non si torna indietro

Pensionato in lacrime

Pensionato in lacrime (Canva) Corrieredicomo.it

Scatta il nuovo meccanismo Inps: la pensione minima cambia volto. Non tutti la vedranno, e le novità non sono indolori.

Da anni la pensione minima è considerata un pilastro della sicurezza economica. Ma cosa accade se quel pilastro vacilla?

L’Inps ha diffuso dati e prospettive che gettano ombre sulla tenuta di questa misura storica.

Cosa significa davvero “addio” alla pensione sociale e chi ne subirà le conseguenze più gravi?

Molti pensionati temono un futuro incerto, con il rischio di vedere sparire i loro assegni mensili. Cosa sta succedendo.

La pensione minima sotto la lente: tra aspettative e timori

Per milioni di italiani la pensione minima rappresenta un’àncora di salvezza, un’integrazione pensata per non lasciare indietro chi ha versato pochi contributi. Negli anni, questa soglia ha garantito a molti anziani un reddito dignitoso, scongiurando situazioni di povertà estrema.

Oggi però si parla di un “addio” che preoccupa e disorienta. Non si tratta di una cancellazione totale, ma di una ridefinizione che rischia di penalizzare diverse categorie. Il nodo centrale è la rivalutazione legata all’inflazione, un meccanismo che può far crescere gli importi ma che, allo stesso tempo, modifica le condizioni di accesso. E mentre alcune prestazioni assistenziali continueranno a essere salvaguardate, altre rischiano un futuro incerto, soprattutto quelle con importi più elevati rispetto al minimo.

Coppia di pensionati controllano la pensione
Coppia di pensionati controllano la pensione (Canva) – Corrieredicomo.it

Rivalutazioni e nuovi importi: addio alla vecchia pensione minima

La rivalutazione del 2026, stimata all’1,7%, porterà a un adeguamento dei trattamenti previdenziali e assistenziali. Significa che il trattamento minimo salirà dai 603,40 euro mensili del 2025 a circa 613,65 euro. Una crescita di poco più di 10 euro, utile a mantenere il potere d’acquisto. La buona notizia è che assegno sociale, pensioni di invalidità e integrazioni al minimo diranno addio per accogliere i nuovi importi. Ad esempio, l’assegno sociale passerà da 538,68 a circa 547,83 euro, con limiti di reddito più ampi per accedervi. Anche le pensioni di invalidità civile aumenteranno, seppur di pochi euro, arrivando a circa 341,70 mensili.

Attenzione però: non tutte le misure crescono. La cosiddetta “rivalutazione straordinaria”, oggi al 2,2% per le pensioni sotto il minimo, scenderà all’1,5%. Ciò significa che, pur con un aumento in valore assoluto, il bonus sarà meno generoso in percentuale. L’addio alla “pensione minima” riguarda quindi solo chi non rientra nei parametri: i contributivi puri, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e chi supera i limiti reddituali stabiliti. Per tutti gli altri, invece, il meccanismo resta vivo, con importi rivisti e corretti. In sintesi: la soglia non sparisce, ma cambia volto, premiando i più fragili e ridimensionando i benefici per gli altri.