di Mario Guidotti
L’hanno battezzato “long-Covid”, ma si parla anche di “Covid cronico” e “sindrome post-Covid”. Si tratta di una condizione che presenta molteplici sintomi in soggetti che hanno contratto la malattia da Sars-CoV-2 con modalità impegnative, sopratutto chi è passato dalla Terapia Intensiva. Dolori muscolari, irregolarità della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, difficoltà delle stesse a seguire le attività motorie e di conseguenza uno stato di profonda stanchezza.
Se ne è occupato recentemente nientemeno che Fauci, noto scienziato americano e Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, e diversi studi scientifici stanno uscendo per approfondire e soprattutto per dare dignità a chi ne soffre, e non sono pochi. Secondo la National Academy of Medicine si stima ne siano affetti 2 milioni negli Usa e circa 500mila in Italia. Perché dare dignità? Perché come in molte malattie nelle quali manca un indicatore biologico (un esame del sangue, o radiologico o tissutale) i pazienti non sono immediatamente riconosciuti e creduti. Esempi? Le malattie gravate da dolori cronici, le cefalee primarie, e anche, udite udite, la sindrome da stanchezza o fatica cronica, patologia misteriosa e non del tutto accettata anche dalla comunità scientifica. E i legami tra le due condizioni sono quelli attualmente più studiati.
Sembra infatti, secondo i primi studi presentati dal Karolinska Institute, una delle istituzioni mediche universitarie più prestigiose al mondo, che lo stress ossidativo cellulare, innescato dalla bufera infiammatoria e la cascata di citochine della fase acuta del Covid, si rifletta negativamente sulla produzione di neuro-ormoni e sulla successiva sintesi da parte di ghiandole endocrine a distanza. Lo stesso Anthony Fauci parla di condizione molto simile a quella che si chiama “Encefalomielite Mialgica/Sindrome da fatica cronica”, condizione patologica che si può sviluppare dopo altre malattie infettive, come è per la Sars, la mononucleosi, la malattia di Lyme e anche l’influenza stagionale. Al di là dei tecnicismi, è importante quindi prendere coscienza che esistono postumi importanti del Covid, anche in persone non anziane e non gravate di precedenti patologie importanti.
La comunità scientifica sta imparando a prenderne le misure, strutturando percorsi diagnostici e terapeutici che si occupino di questi malati, considerati con troppo ottimismo ormai guariti o al massimo “portatori di postumi psichici”. Che insegnamenti ne deve trarre invece la popolazione? Il Covid non è una passeggiata, se possibile va evitato nella maniera più assoluta. Abbiamo gli strumenti e, ora, anche un’arma fenomenale come la vaccinazione. Le afflizioni di questa pandemia sono destinate a durare ancora ed a lasciare ferite profonde sul piano sanitario. Non sprechiamo per un aperitivo, una cena o un capriccio, tutti gli sforzi fatti fin qui. Anche queste notizie ci confermano che è presto per abbassare la guardia.
di Mario Guidotti
L’hanno battezzato “long-Covid”, ma si parla anche di “Covid cronico” e “sindrome post-Covid”. Si tratta di una condizione che presenta molteplici sintomi in soggetti che hanno contratto la malattia da Sars-CoV-2 con modalità impegnative, sopratutto chi è passato dalla Terapia Intensiva. Dolori muscolari, irregolarità della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, difficoltà delle stesse a seguire le attività motorie e di conseguenza uno stato di profonda stanchezza.
Se ne è occupato recentemente nientemeno che Fauci, noto scienziato americano e Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, e diversi studi scientifici stanno uscendo per approfondire e soprattutto per dare dignità a chi ne soffre, e non sono pochi. Secondo la National Academy of Medicine si stima ne siano affetti 2 milioni negli Usa e circa 500mila in Italia. Perché dare dignità? Perché come in molte malattie nelle quali manca un indicatore biologico (un esame del sangue, o radiologico o tissutale) i pazienti non sono immediatamente riconosciuti e creduti. Esempi? Le malattie gravate da dolori cronici, le cefalee primarie, e anche, udite udite, la sindrome da stanchezza o fatica cronica, patologia misteriosa e non del tutto accettata anche dalla comunità scientifica. E i legami tra le due condizioni sono quelli attualmente più studiati.
Sembra infatti, secondo i primi studi presentati dal Karolinska Institute, una delle istituzioni mediche universitarie più prestigiose al mondo, che lo stress ossidativo cellulare, innescato dalla bufera infiammatoria e la cascata di citochine della fase acuta del Covid, si rifletta negativamente sulla produzione di neuro-ormoni e sulla successiva sintesi da parte di ghiandole endocrine a distanza. Lo stesso Anthony Fauci parla di condizione molto simile a quella che si chiama “Encefalomielite Mialgica/Sindrome da fatica cronica”, condizione patologica che si può sviluppare dopo altre malattie infettive, come è per la Sars, la mononucleosi, la malattia di Lyme e anche l’influenza stagionale. Al di là dei tecnicismi, è importante quindi prendere coscienza che esistono postumi importanti del Covid, anche in persone non anziane e non gravate di precedenti patologie importanti.
La comunità scientifica sta imparando a prenderne le misure, strutturando percorsi diagnostici e terapeutici che si occupino di questi malati, considerati con troppo ottimismo ormai guariti o al massimo “portatori di postumi psichici”. Che insegnamenti ne deve trarre invece la popolazione? Il Covid non è una passeggiata, se possibile va evitato nella maniera più assoluta. Abbiamo gli strumenti e, ora, anche un’arma fenomenale come la vaccinazione. Le afflizioni di questa pandemia sono destinate a durare ancora ed a lasciare ferite profonde sul piano sanitario. Non sprechiamo per un aperitivo, una cena o un capriccio, tutti gli sforzi fatti fin qui. Anche queste notizie ci confermano che è presto per abbassare la guardia.
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